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Brian May: "Ecco come realizzai l'assolo di Bohemian Rhapsody"

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    Brian May: "Ecco come realizzai l'assolo di Bohemian Rhapsody"

    A distanza di oltre quarantacinque anni dalla pubblicazione del singolo, lo stesso chitarrista - oggi 74enne - ha ricordato la genesi del suo leggendario contributo al brano forse più complesso della discografia dei Queen.


    È paradossalmente la canzone più conosciuta dei Queen. Paradossalmente, sì. Perché che "Bohemian Rhapsody" potesse ottenere un successo simile, negli anni, Freddie Mercury e compagni non se l'aspettavano affatto, considerando le difficoltà che incontrarono inizialmente per pubblicare il brano come singolo.

    Troppo complesso per durata e struttura, per essere trasmesso dalle radio: 9 minuti di musica in cui si susseguono cinque diverse parti, un'introduzione corale cantata a cappella, un segmento in stile ballata, un passaggio d'opera, una sezione di hard rock e un altro segmento in stile ballata che conclude su una sezione solo piano e chitarra. Uno dei punti di svolta di "Bohemian Rhapsody" è l'assolo di Brian May, che trasporta gli ascoltatori dal segmento in stile ballata a quello in cui i Queen guardano al teatro d'opera. A distanza di oltre quarantacinque anni dalla pubblicazione del singolo, lo stesso chitarrista - oggi 74enne - ha raccontato come nacque l'assolo.

    In un'intervista concessa alla rivista specializzata Guitar Player, letta dagli appassionati delle sei corde, May ha ricordato con queste parole la genesi del suo leggendario contributo al brano che Freddie Mercury cominciò a comporre al pianoforte nella sua casa a Kensington, a Londra:

    Sapevamo fin dall'inizio che si trattava di un pezzo speciale. Freddie arrivò in studio con un nastro su cui aveva registrato la demo. Ci disse: 'Ascoltate questo, cari. Credo che vi sorprenderà'. Lo registrammo in momenti diversi, tenendo come guida una linea vocale di Freddie Mercury sopra la quale abbiamo costruito le varie parti. Quando Freddie mi ha chiesto un assolo, gli ho detto che volevo cantare una strofa con la chitarra. Ed è quello che feci: cantai, suonando con la chitarra. Niente effetti: solo il tremolo. Usavo come plettro una moneta da cinque pence.

    Il successo di "Bohemian Rhapsody" fu dovuto, secondo gli aneddoti, al dj Kenny Everett, amico di Freddie Mercury. Fu a lui che il frontman dei Queen consegnò l'acetato di "Bohemian Rhapsody", sotto la promessa di non trasmetterlo in radio. In realtà Mercury sapeva bene che Everett, che all'epoca lavorava a Capital Radio, non avrebbe mantenuto la promessa e infatti il dj cominciò a trasmetterlo di continuo, costringendo la casa discografica a pubblicare il singolo. "Bohemian Rhapsody" rimase al primo posto della classifica britannica per ben nove settimane.





    Fonte: Rockol

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    #2
    Splendido articolo che mi pone sempre la stessa domanda: tutti i più influenti chitarristi hanno passato i 70 e non vedo un ricambio generazionale.

    Sono egoisticamente contento, perché tra 60anni andremo ad ascoltare chitarristi fuoriclasse che li riproporranno a teatro, come succede oggi con Mozart, Beethoven e compagnia.

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      #3
      I chitarristi fuoriclasse ci sono. È cambiato il genere. La musica che piace a noi non vende più, quindi non riesci ad ascoltarla normalmente alla radio come facevi negli anni 70 ed 80.

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        #4
        Ascolto Virgin Radio 14 ore al giorno e adoro Paola Maugeri.

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