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Arriva il nuovo codice ATECO per prostitute ed escort

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    #1

    Arriva il nuovo codice ATECO per prostitute ed escort

    Il nuovo codice Ateco


    Adesso in Italia anche l’attività sessuale a pagamento ha un codice Ateco dedicato. Una svolta arrivata con la nuova classificazione delle attività economiche elaborata dall’Istat, che da aprile è operativa a tutti gli effetti. Nel sistema, utilizzato per fini statistici e fiscali, ora compare anche il codice 96.99.92 (forse lo si poteva chiamare anche 144…chissà), che racchiude i “Servizi di incontro ed eventi simili”.
    Tra questi: agenzie di accompagnatori e accompagnatrici, matchmaking (sic!), eventi di speed networking, organizzazione di incontri e anche di prestazioni sessuali o gestione di locali legati alla prostituzione. Fino a ieri, chi operava nel settore poteva comunque registrarsi con codici più generici – come “altri servizi alla persona” – ma la novità porta con sé importanti conseguenze: una classificazione più precisa implica, di fatto, una tracciabilità fiscale più netta. E quindi Irpef, Iva e tutte le altre imposte previste per le partite Iva. Del resto, pecunia non olet.

    Non è una rivoluzione culturale, né una legalizzazione. È burocrazia.

    Quella cosa che in Italia arriva sempre prima del cambiamento sociale, e spesso lo guarda dall’alto con un modulo da compilare. Quindi, non si tratta affatto di un riconoscimento dignitoso di quelle che nel resto del mondo sono indicate come sex worker, ma di un disperato erotico Ateco.

    Da qui, una catena di paradossi che si schiantano uno sull’altro come in un tamponamento a catena: l’Istat ha precisato che la nuova classificazione riguarda esclusivamente le attività legali esercitate da operatori economici residenti in Italia. Inoltre, il codice 96.99 deriva dalla classificazione europea, utilizzata per uniformare le statistiche comunitarie, anche se in alcuni casi può includere attività illegali ai fini meramente analitici.​

    Solo fisco, nessuna rivoluzione

    Ma il confine resta sottile. Chi potrà stabilire se una prestazione è solo di compagnia o anche sessuale? Qualche esattore pronto a spiare dai buchi delle serrature? Chi controllerà se protettori e sfruttatori arriveranno al limite paradossale di far aprire una partita IVA alle proprie “protette” per lavare i propri affari sporchi? L’Agenzia delle Entrate potrebbe, come accade per altri autonomi, procedere con accertamenti fiscali in caso di evasione.
    Ma resta il nodo legale: la normativa vigente, basata ancora sulla Legge Merlin del 1958, vieta ogni forma di favoreggiamento, induzione o sfruttamento della prostituzione. Il caos viene proprio da questo voto giuridico: l’Italia, infatti, non vieta ma non norma, restando in bilico tra Dio e Mamona.


    Il paradosso però rimane: si può versare l’IVA, contribuire all’INPS, compilare il 730, ma non si ha diritto a tutele, né sanitarie né sindacali. Lo Stato incassa volentieri, ma mantiene le distanze. Come certi clienti che “non è quello che sembra, giuro”. Resta il fatto che, con questo riconoscimento, l’Italia dimostra ancora una volta la sua capacità tutta mediterranea di convivere con l’ambiguità. Non regolarizza, ma tassa. Non approva, ma incassa. Non tutela, ma scheda.

    Dal 1958 in poi, nessun Governo ha voluto (o potuto) mettere mano a una riforma che affronti il fenomeno nella sua complessità sociale, economica e soprattutto femminile. Oggi, però, chi lavora come sex worker può — e anzi, deve — emettere fattura. A che titolo, esattamente, rimane un mistero. Nel frattempo, le lavoratrici del sesso che scelgono di operare in autonomia devono affrontare il paradosso perfetto: sono visibili per il Fisco, ma invisibili per il sistema sanitario, previdenziale e giuridico.

    Non esiste una categoria contrattuale, non c’è una copertura INAIL, non ci sono tutele contro violenze o molestie, né spazi sicuri di lavoro, né percorsi garantiti di uscita o reinserimento.​


    Notizia da: insideover.com

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    #2
    Quindi adesso la prestazione costa 50 più Iva?

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      #3
      Originally posted by diecinovantotto View Post
      Quindi adesso la prestazione costa 50 più Iva?
      Certo! La puoi anche scaricare

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        #4
        Originally posted by Gabe75 View Post

        Certo! La puoi anche scaricare
        Se prescritta dal medico è terapia

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          #5
          Originally posted by omarMT01 View Post

          Se prescritta dal medico è terapia
          Ahahahah

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            #6
            Ma quindi se devono pagare le tasse come P.Iva devono anticipare le tasse sulla base del lavoro dell'anno precedente? E' un problema perchè metti che l'anno scorso l'ha data di più di quanto riesce a fare quest'anno perchè magari ha la vaginosi le tocca lo stesso il congruo anticipo di tasse?

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              #7
              Originally posted by Gabe75 View Post

              Certo! La puoi anche scaricare
              se fai a nero ti viene meno però

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                #8
                Avanti tutta
                Ma queste cose non dovrebbe farle la sinistra?

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                  #9
                  Originally posted by stefanogallo View Post
                  Ma quindi se devono pagare le tasse come P.Iva devono anticipare le tasse sulla base del lavoro dell'anno precedente? E' un problema perchè metti che l'anno scorso l'ha data di più di quanto riesce a fare quest'anno perchè magari ha la vaginosi le tocca lo stesso il congruo anticipo di tasse?
                  [mode grezzo ON]
                  ha anche altri 2 buchi
                  Coprirà le perdite con quelli

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                    #10
                    Originally posted by luciocabrio View Post

                    se fai a nero ti viene meno però
                    Te certe cose non le dovresti dire

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                      #11
                      Originally posted by Gabe75 View Post

                      Te certe cose non le dovresti dire
                      non ero in servizio

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                        #12
                        Ma fanno le cose a metà ? è legale o non è legale ? Perchè non si fanno le case chiuse come in altri stati cosi si toglie ste donne dalle strade o dai siti web che impestano tutto il web ?

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                          #13
                          Originally posted by Lele-R1-Crash View Post
                          Ma fanno le cose a metà ? è legale o non è legale ? Perchè non si fanno le case chiuse come in altri stati cosi si toglie ste donne dalle strade o dai siti web che impestano tutto il web ?
                          Per la salvaguardia dei loro colleghi del racket ovviamente, per cosa altro potrebbe essere?

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                            #14
                            Infatti penso anche io.
                            Comunque non penso che ci siano putt. che si mettano in regola.

                            è come se dicessero che fanno codice ateco per spaccio di droga ... il livello è lo stesso.

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                            • Font Size
                              #15
                              Originally posted by Semiramide View Post
                              Il nuovo codice Ateco


                              Adesso in Italia anche l’attività sessuale a pagamento ha un codice Ateco dedicato. Una svolta arrivata con la nuova classificazione delle attività economiche elaborata dall’Istat, che da aprile è operativa a tutti gli effetti. Nel sistema, utilizzato per fini statistici e fiscali, ora compare anche il codice 96.99.92 (forse lo si poteva chiamare anche 144…chissà), che racchiude i “Servizi di incontro ed eventi simili”.
                              Tra questi: agenzie di accompagnatori e accompagnatrici, matchmaking (sic!), eventi di speed networking, organizzazione di incontri e anche di prestazioni sessuali o gestione di locali legati alla prostituzione. Fino a ieri, chi operava nel settore poteva comunque registrarsi con codici più generici – come “altri servizi alla persona” – ma la novità porta con sé importanti conseguenze: una classificazione più precisa implica, di fatto, una tracciabilità fiscale più netta. E quindi Irpef, Iva e tutte le altre imposte previste per le partite Iva. Del resto, pecunia non olet.

                              Non è una rivoluzione culturale, né una legalizzazione. È burocrazia.

                              Quella cosa che in Italia arriva sempre prima del cambiamento sociale, e spesso lo guarda dall’alto con un modulo da compilare. Quindi, non si tratta affatto di un riconoscimento dignitoso di quelle che nel resto del mondo sono indicate come sex worker, ma di un disperato erotico Ateco.

                              Da qui, una catena di paradossi che si schiantano uno sull’altro come in un tamponamento a catena: l’Istat ha precisato che la nuova classificazione riguarda esclusivamente le attività legali esercitate da operatori economici residenti in Italia. Inoltre, il codice 96.99 deriva dalla classificazione europea, utilizzata per uniformare le statistiche comunitarie, anche se in alcuni casi può includere attività illegali ai fini meramente analitici.​

                              Solo fisco, nessuna rivoluzione

                              Ma il confine resta sottile. Chi potrà stabilire se una prestazione è solo di compagnia o anche sessuale? Qualche esattore pronto a spiare dai buchi delle serrature? Chi controllerà se protettori e sfruttatori arriveranno al limite paradossale di far aprire una partita IVA alle proprie “protette” per lavare i propri affari sporchi? L’Agenzia delle Entrate potrebbe, come accade per altri autonomi, procedere con accertamenti fiscali in caso di evasione.
                              Ma resta il nodo legale: la normativa vigente, basata ancora sulla Legge Merlin del 1958, vieta ogni forma di favoreggiamento, induzione o sfruttamento della prostituzione. Il caos viene proprio da questo voto giuridico: l’Italia, infatti, non vieta ma non norma, restando in bilico tra Dio e Mamona.


                              Il paradosso però rimane: si può versare l’IVA, contribuire all’INPS, compilare il 730, ma non si ha diritto a tutele, né sanitarie né sindacali. Lo Stato incassa volentieri, ma mantiene le distanze. Come certi clienti che “non è quello che sembra, giuro”. Resta il fatto che, con questo riconoscimento, l’Italia dimostra ancora una volta la sua capacità tutta mediterranea di convivere con l’ambiguità. Non regolarizza, ma tassa. Non approva, ma incassa. Non tutela, ma scheda.

                              Dal 1958 in poi, nessun Governo ha voluto (o potuto) mettere mano a una riforma che affronti il fenomeno nella sua complessità sociale, economica e soprattutto femminile. Oggi, però, chi lavora come sex worker può — e anzi, deve — emettere fattura. A che titolo, esattamente, rimane un mistero. Nel frattempo, le lavoratrici del sesso che scelgono di operare in autonomia devono affrontare il paradosso perfetto: sono visibili per il Fisco, ma invisibili per il sistema sanitario, previdenziale e giuridico.

                              Non esiste una categoria contrattuale, non c’è una copertura INAIL, non ci sono tutele contro violenze o molestie, né spazi sicuri di lavoro, né percorsi garantiti di uscita o reinserimento.​


                              Notizia da: insideover.com
                              Anche perchè ora tutti i clienti pagheranno col bancomat o cmq. vorranno la ricevuta vero?

                              Ah,ah..


                              Mah....

                              Mi sembrano le cose ad minkiam italiane.... tipo che una cosa è vietata ma se la chiami in un altro modo... potrebbe andare bene.

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