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Aveva 92 anni, ex numero 3 del tennis mondiale, figura egocentrica e accentratrice, ormai sembrava il nonno brontolone ,ma ciao Nicola
Sicuramente è uno che si è goduto la vita.
Sicuramente negli ulimi anni non è che abbia brillato per simpatia... prima il documentario UNA SQUADRA sull'italia di panatta in coppa davies e poi dichiarazioni non proprio simpatiche verso Sinner.
Sicuramente negli ulimi anni non è che abbia brillato per simpatia... prima il documentario UNA SQUADRA sull'italia di panatta in coppa davies e poi dichiarazioni non proprio simpatiche verso Sinner.
Una vitada favola, con principi – in carne e ossa – e principesse, la frequentazione di luoghi esclusivi e delle starinternazionali, il mondo girato in lungo e largo, cinquelingue – italiano appreso solo in età adolescenziale, francese, russo, inglese e spagnolo – maneggiate con disinvoltura. Una vita anche romanzesca: iniziò a giocare in coppia con il padre Giulio, imprenditore di origini abruzzesi, durante l’internamento in Tunisia, nel bel mezzo della Seconda guerramondiale. Quattro grandi amori – la moglie Susanna, LiciaColò, Lorenza e Paola – e sempre nel ruolo di quello che veniva “mollato”. Giurava di non aver mai tradito, ma sapeva di piacere alle donne “anche se non sono mai stato un playboy”. La gente lo chiamava “Nicola”, come se fosse un vecchio amico e questa, a suo modo, è stata la sua forza: andava a cena con il principe Ranieri di Montecarlo e poi, il giorno dopo, lo incontravi in un negozio di alimentari dal suo amico Marco, a Casal Palocco, a mangiare un pezzo di pizza di fronte al balcone, mischiato con gli altri clienti. Signori si nasce, e NicolaPietrangeli, scomparso alla bella età di 92 anni, come direbbe l’immenso Totò, “lo nacque”.
È stato il primo della triade dei fuoriclasse del tennis italiano, con Adriano Panatta e JannikSinner. I due Roland Garros di fila (1959-1960), i due Internazionalid’Italia (1957-1961), le 164 presenze in CoppaDavis, i 32 titoli italiani e il doppio vinto in coppia con Orlando Sirola a Parigi (1959) sono le gemme di una carriera iniziata nel 1952 e conclusa, da singolarista, nel 1974. Il bilancio ufficiale è di 687 match vinti e 278 sconfitte, con una percentuale di successi del 71,19%. Un giocatore di classeinfinita, con un rovescio, allo stesso tempo, elegante e micidiale. “Se mi fossi allenato di più, sarei stato ancora più forte, ma non mi sarei goduto la vita e gli anni della gioventù non tornano mai”. Montecarlo era la sua seconda casa. Frequentava assiduamente il principe Ranieri, soprattutto dopo la scomparsa della principessa Grace e insegnò a giocare a tennis al “principino” Alberto. Il Circolo Canottieri Roma divenne la sua seconda casa – la prima, per tredici anni, fu un appartamento in Via delle Carrozze, a pochi metri da Piazza di Spagna -, nonostante fosse, nel calcio, un grandissimo tifoso nella Lazio. Giocò infatti nelle giovanili biancocelesti, ala di buon livello: quando lo cedettero alla Viterbese, sposò definitivamente il tennis. Fu anche il “padre” del calcio a cinque. Insieme ad altri pionieri, negli anni Cinquanta inventò infatti, tra un set e l’altro, la formula del calcio ridotto sui campi di terra rossa, il suo regno.
Nick, altro soprannome, non nascose mai la personale collocazione politica negli inquieti anni Settanta: era un conservatore, fedele alla sua linea di vita. Quando l’Italia si ritrovò ad affrontare il Cile nella finale di Coppa Davis 1976, gli diedero del fascista perché, mentre all’esterno si premeva per boicottare la trasferta di Santiago, lui si batté, nel ruolo di capitano della squadra azzurra, per giocare la sfida. Partecipò, sulle onde di RadioRadicale, a infuocati dibattiti, mostrando un ammirevolecoraggio: all’epoca con la politica non si scherzava. L’Italia alla fine andò in Cile e di fronte al sanguinario dittatore AugustoPinochet, gli azzurri, in maglia rossa, vinsero per la prima volta l’Insalatiera. L’”erede” AdrianoPanatta, Paolo Bertolucci, Corrado Barazzutti e Tonino Zugarelli furono i moschettieri di quel trionfo.
Nicola divenne una star quando ancora il tennis non aveva abbracciato il professionismo. “Con il premio di un successo al Roland Garros, mi pagavo due mesi di affitto di casa”. Scelse, con intelligenza, di investire su se stesso: curò le pubbliche relazioni di aziende importanti, fece televisione e radio, ricoprì incarichi federali. Passava da un ruolo all’altro con estrema disinvoltura, aiutato dall’eleganza, dalla conoscenza delle lingue e dalla battuta pronta. Il mitico campo Centrale del Foro Italico gli è stato intitolato da vivo “ed è giusto così, che farsene dei riconoscimenti quando si muore?”. Tunisino di nascita, ma poi romano in profondità. frequentava all’inizio degli anni Cinquanta il Circolo Tennis Parioli dove Ascenzio Panatta, papà di Adriano, era il custode. Il giorno in cui venne al mondo Adriano, il signor Ascenzio, strafelice, urlò a Nicola “È nato mio figlio!!”. Pietrangeli gli rispose, in pieno slang romanesco: “E sticazzi?!”.
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