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Varie ed eventuali , sul covid

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    Varie ed eventuali , sul covid

    La durata dell’immunità e i casi di delirio in terapia intensiva. Ecco le ultime novità scientifiche sul Covid


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    Roma, continua la campagna di vaccinazione contro il CovidNel report Università Cattolica-La Stampa di questa settimana, alcuni articoli scientifici sul Covid presentano le ultime scoperte internazionali nell’ambito della virologia. Uno studio (Sberna G e altri) ha paragonato il test antigenico su tampone naso-faringeo eseguito con la metodica di chemiluminescenza con il test molecolare (attuato nella stessa sede), che come tutti sappiamo è lo standard diagnostico di riferimento per Covid-19. E’ stata riscontrata una buona specificità (89%) ed un altrettanto buona sensibilità (84%) di questo test che aumenta in presenza di alte cariche virali. Questi risultati, sicuramente interessanti, indicano che i test antigenici di nuova generazione sono sempre più sensibili e che in presenza di alte cariche virali, la sensibilità tra test antigenico e molecolare è del tutto paragonabile. Questo risultato però nulla toglie alla validità del test molecolare che rimane pur sempre il test di riferimento in tutte le situazioni cliniche. [[(gele.Finegil.Image2014v1) Image_0]] Presenza di anticorpi Interessante è uno studio (Borgis LP e altri) che valuta la presenza di anticorpi anti SARS–CoV-2 nel tampone naso-faringeo. L’obiettivo della ricerca è stato quello di discriminare tra la fase iniziale precoce dell’infezione, in cui è più alta la contagiosità, dalla fase più avanzata, nella quale la contagiosità è più bassa o addirittura nulla. Si tratta di un test sperimentale non ancora commercializzato e, per questo, i dati, seppur interessanti e pubblicati in una rivista prestigiosa, necessitano di un’ulteriore conferma su una casistica più ampia. In particolare, sembra che questo test sia in grado di identificare e discriminare tra le fasi dell’infezione (precoce/tardiva), il che potrebbe rivelarsi estremamente utile in termini di sanità pubblica discriminando in questo modo tra i soggetti da isolare e quelli che non richiedono questa procedura. Terapia intensiva Nell’ambito delle ricerche di terapia intensiva, uno studio (Wilcox ME e altri) ha posto l’accento sulla comparsa del delirio in terapia intensiva, manifestazione questa che si osserva con una certa frequenza nei ricoverati in questa area critica e che si manifesta come disorientamento transitorio temporo-spaziale, fino ad un vero e proprio disturbo comportamentale. Per quanto attiene la sua insorgenza nei pazienti COVID-19, ci sarebbe alla base di questo la compartecipazione di elementi infiammatori e di danno microvascolare conseguente all’infezione virale a livello della struttura dell’encefalo. Uno studio, condotto in due rianimazioni spagnole (Rodriguez-Ruiz E e altri) intervistando 262 famiglie di persone ricoverate, ha chiaramente indicato che la soddisfazione sulle cure praticate è stato maggiore quando veniva consentito un ampio accesso alle visite dei parenti ai pazienti ricoverati. Anche se le misure restrittive messe in atto a causa della pandemia Covid-19 sono assolutamente utili e necessarie, non va per questo dimenticata l’importanza che la presenza dei familiari riveste per la ripresa dei pazienti critici affetti da Covid-19, così come per quelli affetti da altre patologie e ricoverati in terapia intensiva. Di questo aspetto si dovrà tener conto quando la pandemia migliorerà in maniera più decisa, attenuando le misure restrittive. Infezioni mortali Uno studio di coorte (Prattes J e altri) che ha coinvolto numerosi centri medici di 9 paesi europei, ha sottolineato che sussiste il rischio nei pazienti Covid-19 della possibile insorgenza di aspergillosi, cioè di un’infezione fungina in genere rara (ma grave e mortale) il che suggerisce la necessità di eseguire adeguati test diagnostici al fine di precocemente identificarla e trattarla. Uno studio condotto su autopsie eseguito in 18 persone decedute in seguito a somministrazione di vaccinazione, 9 con Vaxzevria, 5 con Comirnaty, 3 con Spikevax ed uno con Janssen ha riportato i seguenti risultati. In 13 casi la causa del decesso era attribuibile a patologie preesistenti, senza che ci fosse un rapporto di causalità con il vaccino. In 4 casi c’era l’evidenza di trombocitopenia trombotica immunitaria: 3 con Vaxzevria e uno con Janssen e in due casi, questa è stata probabilmente la causa di morte. Interessante altresì notare che la diagnosi è stata fatta solo in un caso, in vita. Un caso di miocardite post Comirnaty, era associata al decesso, anche se la relazione causale non era dimostrabile oltre ogni ragionevole dubbio. I vaccini attualmente disponibili sono efficaci e sicuri e questi dati lo confermano sottolineando l’estrema rarità di effetti collaterali gravi mortali. Sos infiammazioni E’ ormai ampiamente appurato che la malattia Covid-19 risulta essere più grave nelle persone anziane. A questo riguardo, uno studio (Ligotti ME e altri) ha confermato questo dato correlando l’età dei pazienti alla gravità di malattia, espressa come infiammazione causata dal virus. In particolare lo studio ha evidenziato che nei soggetti anziani, si verifica usualmente la c.d. senescenza cellulare, che determina uno stadio di infiammazione a basso grado, ma cronica. Questa condizione di per sé fisiologica, in presenza di uno stimolo come l’infezione da Sars-Cov-2, può tradursi in una maggiore gravità della malattia Covid-19. Nell’ambito degli studi epidemiologici, uno studio di coorte condotto nella provincia di Zhejiang in Cina, tra l’8 gennaio ed il 30 luglio 2020, ha studiato l’associazione tra gravità della presentazione clinica e rischio di trasmettere l’infezione da Sars-Cov-2 a seguito di un contatto stretto. Dallo studio, emerge che il rischio di trasmissione si verifica da due giorni prima a due giorni dopo l’esordio dei sintomi con picco al giorno di esordio degli stessi. Inoltre, chi presentava sintomi lievi o moderati poteva ancora trasmettere il virus, mentre i contatti asintomatici avevano un minore rischio. Efficienza dei vaccini E’ possibile che questo dato condotto quando circolava la variante ancestrale di Whuan possa oggi essere meno attuale in presenza della variante Delta, che come è noto è ben più trasmissibile. Sempre nel campo dell’epidemiologia viene presentato un modello matematico (Motta FC e altri) che stima l’incidenza di infezioni in un campus universitario di 5.000 studenti vaccinati, simulando l’efficacia delle misure di sorveglianza rispetto ai diversi scenari di efficacia vaccinale (90%, 75 e 50%). In base a questo modello emerge che in presenza di un’efficienza dei vaccini stimata al 90% l’attuazione di strategie di mitigazione basate sulla ripetizione settimanale di test come il tampone consente una riduzione solo marginale dei casi positivi. Lo stesso vale per l’adozione di misure di quarantena di 10 giorni dei contatti. Queste misure al contrario si possono rivelare utili nel ridurre il rischio solo nel caso l’efficienza dei vaccini sia tra il 50 e il 75%. Terza dose Nell’ambito dei vaccini, il report dei Centers for Disease Control (Cdc) americani (Hauseam e altri) ha preso in esame gli eventi avversi correlati alla 3° dose di vaccino Pfizer o Moderna. Va detto che si tratta di una prima, autorevole, ancorché limitata, disamina su questo aspetto. I dati ottenuti rassicurano sull’assenza di particolari nuove manifestazioni o di segnali di pericolo associati a questa procedura. In particolare è risultato che il beneficio previsto dall’uso della 3° dose è ampiamente superiore al rischio di effetti collaterali gravi per ogni fascia d’età considerata. Uno studio retrospettivo (Partof SY e altri) condotto negli Stati Uniti tra il dicembre 2020 e l’agosto 2021 su quasi 3 milioni e mezzo di persone vaccinate ha confermato in modo molto autorevole quanto già veniva segnalato da precedenti esperienze in letteratura, cioè che la perdita di immunità/protezione post vaccino non è conseguente alla presenza della variante Delta, ma a seguito di una sorta di “evanescenza” del sistema immunitario. Da qui discende un razionale solido all’impiego della 3° dose per stimolare ulteriormente la risposta protettiva nei vaccinati. Dallo studio è anche emerso che almeno fino a 6 mesi dopo la vaccinazione persiste la protezione nei confronti dell’ospedalizzazione e della malattia grave e ciò a dispetto della diminuzione nel tempo del titolo anticorpale il che sottolinea l’importanza del ruolo svolto dall’immunità cellulare, ruolo spesso misconosciuto. Bambini Nell’ambito degli aspetti pediatrici, uno studio retrospettivo di coorte condotto in 45 ospedali pediatrici degli Stati Uniti che ha incluso circa 19.000 pazienti ospedalizzati si è proposto l’obiettivo di determinare i fattori di rischio di ricovero ed infezione grave. In questa particolare popolazione, è emerso che il 20% dei bambini infatti è stato ricoverato e di questi il 21% ha necessitato di assistenza in terapia intensiva. Sono state anche indicati i fattori di rischio associati all’ospedalizzazione e quindi alto sviluppo di forme gravi di malattia. Questi sono rappresentati da: obesità, diabete mellito, asma, patologia cardiovascolare, immunodepressione, pregresse patologie polmonari e neurologiche. Da questo studio è emerso anche che non sempre l’infezione in età pediatrica risulta essere benigna, ma possono esserci anche forme gravi, specie in presenza di co-morbidità. Di questo bisognerà tener conto per stabilire l’accesso prioritario al vaccino a chi a meno di 12 anni quando i vaccini anti Covid-19 saranno disponibili per questa fascia d’età. Bio-marcatore Tra gli aspetti legati alla terapia, uno studio (Papamanoli A e altri) ha cercato di identificare nel bio-marcatore ferritina sierica un eventuale fattore da considerare in associazione alla terapia con cortisonici che come è noto hanno mostrato efficacia nel ridurre l’infiammazione della fase tardiva, grave di malattia migliorandone la prognosi. Lo studio, pur con la limitazione di essere retrospettivo, ha mostrato che l’impiego dei cortisonici (nella fattispecie metilprednisolone) risultava essere più efficace in termini di risoluzione clinica in quei pazienti che presentavano più alti livelli di ferritina. Anche se questo risultato è molto interessante andrà certamente confermato su una più ampia casistica. Tra gli aspetti di Global Health c’è un articolo (Adejumo OA), che si focalizza sull’importanza di una gestione equa della distribuzione dei vaccini per Sars-Cov-2 in particolare nei paesi a risorse limitate. Nel report Università Cattolica- La Stampa di questa settimana vengono diffusamente elencate le risultanze che sono emerse nel corso delle riunioni effettuate a margine del G20 e che potrebbero rappresentare il corretto approccio a questo importante problema.

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    Quando gli Scienziati si occupano dei Deliri dei Vaccinati nessuno scrive articoli sui media ... ma su quelli scientifici si

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