?La nostra societ?, se non si cambia rotta, molto molto alla svelta (ma forse ? gi? tardi), ? destinata a trasformarsi in una ?societ? parassita di massa?, che non ? il contrario della societ? signorile di massa, ma ne ? uno sviluppo possibile, una sorta di mutazione ?involutoria?, come forse la chiamerebbe un matematico?. Luca Ricolfi, sociologo che insegna Analisi dei Dati all?Universit? di Torino, nonch? responsabile scientifico della Fondazione Hume, mostra tutti i rischi dell?epoca post-Covid per un paese che da anni si ? auto-condannato al declino, come ben spiegato nel suo ultimo libro ?La societ? signorile di massa?.
Professor Ricolfi, vado dritto al punto. Secondo lei, questo governo ha un?idea dell?Italia? Ha una visione del futuro di questo paese, cosa ancor pi? necessaria in una fase di gestione dell?emergenza sanitaria e soprattutto economica post- Covid?
Mi ha molto colpito l?osservazione del vostro De Angelis, secondo cui non si pu? governare l?Italia senza un?idea di futuro, idea che a questo governo parrebbe mancare. Sottoscrivo al 100% la prima affermazione, ma non la seconda: a mio parere questo governo un?idea del futuro ce l?ha eccome, purtroppo. Questo governo ? il primo governo esplicitamente e risolutamente iper-statalista della storia della Repubblica. In esso, infatti, le peggiori pulsioni del mondo comunista ed ex comunista, rappresentato da Pd e Leu, confluiscono e si saldano con l?ideologia della decrescita felice propria dei Cinque Stelle.
E il pi? straordinario paradosso politico ? che un simile mostro socio-economico, che peser? chiss? per quanti anni sul futuro dell?Italia, sia stato accuratamente apparecchiato dall?unica componente riformista e modernizzatrice della sinistra, quella di Renzi.
Proprio da Italia Viva, almeno a parole, sono piovute le critiche per le ricette economiche messe in campo dal governo: secondo Renzi vanno nella direzione di un pi? puro assistenzialismo, dal reddito d?emergenza ai bonus, passando per la cassa integrazione ordinaria e in deroga. Che effetto avr? nei prossimi anni sulla struttura della nostra societ? che gi? in epoca pre-Covid aveva e ha il limite di essere basata sulla rendita pi? che sul lavoro, come ha descritto nel suo ultimo libro?
La nostra societ?, se non si cambia rotta molto molto alla svelta (ma forse ? gi? tardi), ? destinata a trasformarsi in una ?societ? parassita di massa?, che non ? il contrario della societ? signorile di massa, ma ne ? uno sviluppo possibile, una sorta di mutazione ?involutoria?, come forse la chiamerebbe un matematico.
Mi spiego: nella societ? signorile il parassitismo di chi non lavora convive con un notevole benessere, che accomuna la minoranza dei produttori e la maggioranza dei non produttori. Nella societ? parassita di massa la maggioranza dei non lavoratori diventa schiacciante, la produzione (e l?export) sono affidati a un manipolo di imprese sopravvissute al lockdown e alle follie di stato, e il benessere diffuso scompare di colpo, come inghiottito dalla recessione e dai debiti. I nuovi parassiti non vivranno in una condizione signorile, ma in una condizione di dipendenza dalla mano pubblica, con un tenore di vita modesto, e un?attitudine a pretendere tutto dalla mano pubblica, con conseguente dilatazione della ?mente servile?, per riprendere l?efficace definizione di Kenneth Minogue.
Per? l?ex premier Romano Prodi domenica scorsa ha sostenuto la diversa tesi secondo cui da questa crisi si pu? uscire con una presenza pi? forte dello Stato nell?economia.
Prodi ? la perfetta manifestazione della forma mentis della nostra classe politica: qualsiasi problema si presenti, e pi? ? grande il problema che si presenta, pi? forte ? l?istinto a invocare ?pi? politica?, ?pi? intervento?, ?pi? stato?. E? un tic mentale, come lo ? quello degli europeisti doc, che qualsiasi cosa accada chiedono ?pi? Europa?, e come lo ? quello dei liberisti duri e puri, che qualsiasi cosa accada chiedono ?pi? mercato?.
E invece abbiamo bisogno di fantasia, di apertura mentale, non di rifugiarci ognuno nelle proprie credenze di sempre.
Dalle imprese tuttavia s?? visto uno scatto d?orgoglio. Il neo-presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha attaccato duramente il governo su questi primi accenni di politica assistenzialista, per non parlare della reazione dura alle ipotesi di entrata nel capitale nelle aziende che rischiano di fallire nei prossimi mesi. Sorpreso?
S?, sono rimasto (felicemente) sorpreso. Nonostante io nutrissi parecchie speranze in Bonomi, che mi ? parso subito pi? attrezzato e pi? coraggioso dei suoi predecessori, mi aspettavo che Confindustria non dismettesse la prudenza (eufemismo) che, almeno dopo i tempi di Montezemolo e del compianto Andrea Pininfarina, ha sempre caratterizzato i suoi rapporti con il potere politico. Da almeno un decennio non ricordavo una presa di posizione cos? netta contro il governo.
Perch?, secondo lei, Bonomi ha assunto una posizione cos? critica?
Me lo sono chiesto anch?io, mi sono chiesto, in particolare, se sia in corso una manovra per sostituire un premier la cui inadeguatezza, dopo gli ultimi errori, ? divenuta difficile da nascondere dietro i fumi delle parole e la mortificante soggezione di una parte dei media.
Poi per? mi sono dato un?altra risposta, molto pi? semplice: ?? la sopravvivenza, bellezza!?. Persino un coniglio, se sta per essere inghiottito da un pitone, combatte la sua estrema battaglia per non morire. Figuriamoci una potente organizzazione come Confindustria.
La mia impressione ? che il mondo dei produttori, specie nelle regioni del centro-nord, abbia perfettamente capito quel che sta succedendo, e viva una sorta di presentimento di morte. Poich? molte imprese sono gi? morte, altre agonizzano, altre sanno che non potranno durare, le imprese superstiti cercano disperatamente di non scomparire. E avendo capito che la sopravvivenza delle imprese non ? in cima alla lista delle priorit? di questo governo, tentano l?ultima battaglia per salvare s? stesse dalla catastrofe che si annuncia.
Insomma, voglio dire che il governo Conte ? riuscito nel miracolo di restituire una sorta di ?coscienza di classe? alla parte produttiva del paese. E meno male che ci? sta accadendo, perch? in questo momento (preciso: in questo momento, non sempre e comunque) dare la priorit? alle imprese ? l?unico modo di difendere l?interesse collettivo e nazionale. Sul piano economico-sociale (lascio perdere quello sanitario, per non infierire) la pi? grande bugia di questo governo ? stata di lanciare il messaggio: nessuno perder? il lavoro, nessuno sar? lasciato indietro.
E invece no: se il Pil perder? il 10 o il 20% in un anno, come ? verosimile, spariranno milioni di posti di lavoro, e vivere di sussidi sar? l?unica possibilit? per milioni di famiglie.
Cerchiamo appunto di guardare ai prossimi mesi. Il Covid alla fine ci potr? dare una vera spinta per evitare il declino - lei lo definisce ?argentinizzazione lenta? - verso cui da anni ci siamo incamminati? Pensa che davvero si creer? un clima da ricostruzione post-bellica o ? solo retorica e propaganda politica?
Molto dipender? da tre fattori. Il primo ? che la base produttiva non subisca una distruzione catastrofica (caduta del Pil superiore al 10-15%). Il secondo ? che le imprese vengano messe, per la prima volta nella nostra storia, in condizione di lavorare senza ostacoli burocratici e vessazioni fiscali. Il terzo ? il fattore-Churchill: ovvero, avere al comando una classe dirigente seria, e possibilmente non frutto di manovre di palazzo.
Per ripartire e ricostruire c?? per? bisogno di una generazione che se ne faccia carico, un po? come quella che ha fatto tanti sacrifici nel Dopoguerra e che per? ha portato l?Italia al miracolo economico degli anni ?60. Dovrebbe, almeno teoricamente, essere quella degli attuali giovani, fra i 20 e i 40 anni. Ma si tratta di quella stessa generazione che si ? abbandonata all?opulenza negli ultimi anni, preferendo consumare ricchezza invece che creare reddito. Mi sembra un bel dilemma, non crede?
S?, la riconversione dei cosiddetti Neet (che alcuni chiamano bamboccioni, o generazione choosy) ? un?impresa difficile, specie se di lavoro ce ne sar? ancora meno che oggi.
Proprio per questo tendo a pensare che, se ricostruzione ci sar?, sar? grazie all?apporto di tutti, compresi anziani e pensionati, non certo soltanto o principalmente per opera degli attuali 20-40enni. Ma soprattutto penso che, a differenza che in passato, si dovr? puntare sull?auto-imprenditorialit?, pi? che sull?attesa messianica del posto di lavoro.
E se poi uno dei motori della ricostruzione fosse formato da quegli immigrati che lavorano in condizioni para-schiavistiche e che sono funzionali alla societ? signorile di massa come braccianti, colf, badanti e via dicendo?
Di alcuni segmenti di quella che nel mio libro definisco la ?infrastruttura para-schiavistica? della societ? italiana sar? difficile fare a meno. Ma mi piacerebbe che il dopo-Covid fosse anche l?occasione per attenuare il loro giogo: i fiumi di miliardi che oggi vanno a sussidiare chi non fa nulla, o lavora in nero senza pagare le tasse, troverebbero una destinazione pi? degna di un paese civile se servissero a trasformare i nostri attuali para-schiavi in veri lavoratori, restituendo loro il rispetto che la civilt? del lavoro ha sempre riservato al mondo dei produttori, compresi i pi? umili.
notizia da:huffingtonpost.it
Professor Ricolfi, vado dritto al punto. Secondo lei, questo governo ha un?idea dell?Italia? Ha una visione del futuro di questo paese, cosa ancor pi? necessaria in una fase di gestione dell?emergenza sanitaria e soprattutto economica post- Covid?
Mi ha molto colpito l?osservazione del vostro De Angelis, secondo cui non si pu? governare l?Italia senza un?idea di futuro, idea che a questo governo parrebbe mancare. Sottoscrivo al 100% la prima affermazione, ma non la seconda: a mio parere questo governo un?idea del futuro ce l?ha eccome, purtroppo. Questo governo ? il primo governo esplicitamente e risolutamente iper-statalista della storia della Repubblica. In esso, infatti, le peggiori pulsioni del mondo comunista ed ex comunista, rappresentato da Pd e Leu, confluiscono e si saldano con l?ideologia della decrescita felice propria dei Cinque Stelle.
E il pi? straordinario paradosso politico ? che un simile mostro socio-economico, che peser? chiss? per quanti anni sul futuro dell?Italia, sia stato accuratamente apparecchiato dall?unica componente riformista e modernizzatrice della sinistra, quella di Renzi.
Proprio da Italia Viva, almeno a parole, sono piovute le critiche per le ricette economiche messe in campo dal governo: secondo Renzi vanno nella direzione di un pi? puro assistenzialismo, dal reddito d?emergenza ai bonus, passando per la cassa integrazione ordinaria e in deroga. Che effetto avr? nei prossimi anni sulla struttura della nostra societ? che gi? in epoca pre-Covid aveva e ha il limite di essere basata sulla rendita pi? che sul lavoro, come ha descritto nel suo ultimo libro?
La nostra societ?, se non si cambia rotta molto molto alla svelta (ma forse ? gi? tardi), ? destinata a trasformarsi in una ?societ? parassita di massa?, che non ? il contrario della societ? signorile di massa, ma ne ? uno sviluppo possibile, una sorta di mutazione ?involutoria?, come forse la chiamerebbe un matematico.
Mi spiego: nella societ? signorile il parassitismo di chi non lavora convive con un notevole benessere, che accomuna la minoranza dei produttori e la maggioranza dei non produttori. Nella societ? parassita di massa la maggioranza dei non lavoratori diventa schiacciante, la produzione (e l?export) sono affidati a un manipolo di imprese sopravvissute al lockdown e alle follie di stato, e il benessere diffuso scompare di colpo, come inghiottito dalla recessione e dai debiti. I nuovi parassiti non vivranno in una condizione signorile, ma in una condizione di dipendenza dalla mano pubblica, con un tenore di vita modesto, e un?attitudine a pretendere tutto dalla mano pubblica, con conseguente dilatazione della ?mente servile?, per riprendere l?efficace definizione di Kenneth Minogue.
Per? l?ex premier Romano Prodi domenica scorsa ha sostenuto la diversa tesi secondo cui da questa crisi si pu? uscire con una presenza pi? forte dello Stato nell?economia.
Prodi ? la perfetta manifestazione della forma mentis della nostra classe politica: qualsiasi problema si presenti, e pi? ? grande il problema che si presenta, pi? forte ? l?istinto a invocare ?pi? politica?, ?pi? intervento?, ?pi? stato?. E? un tic mentale, come lo ? quello degli europeisti doc, che qualsiasi cosa accada chiedono ?pi? Europa?, e come lo ? quello dei liberisti duri e puri, che qualsiasi cosa accada chiedono ?pi? mercato?.
E invece abbiamo bisogno di fantasia, di apertura mentale, non di rifugiarci ognuno nelle proprie credenze di sempre.
Dalle imprese tuttavia s?? visto uno scatto d?orgoglio. Il neo-presidente di Confindustria Carlo Bonomi ha attaccato duramente il governo su questi primi accenni di politica assistenzialista, per non parlare della reazione dura alle ipotesi di entrata nel capitale nelle aziende che rischiano di fallire nei prossimi mesi. Sorpreso?
S?, sono rimasto (felicemente) sorpreso. Nonostante io nutrissi parecchie speranze in Bonomi, che mi ? parso subito pi? attrezzato e pi? coraggioso dei suoi predecessori, mi aspettavo che Confindustria non dismettesse la prudenza (eufemismo) che, almeno dopo i tempi di Montezemolo e del compianto Andrea Pininfarina, ha sempre caratterizzato i suoi rapporti con il potere politico. Da almeno un decennio non ricordavo una presa di posizione cos? netta contro il governo.
Perch?, secondo lei, Bonomi ha assunto una posizione cos? critica?
Me lo sono chiesto anch?io, mi sono chiesto, in particolare, se sia in corso una manovra per sostituire un premier la cui inadeguatezza, dopo gli ultimi errori, ? divenuta difficile da nascondere dietro i fumi delle parole e la mortificante soggezione di una parte dei media.
Poi per? mi sono dato un?altra risposta, molto pi? semplice: ?? la sopravvivenza, bellezza!?. Persino un coniglio, se sta per essere inghiottito da un pitone, combatte la sua estrema battaglia per non morire. Figuriamoci una potente organizzazione come Confindustria.
La mia impressione ? che il mondo dei produttori, specie nelle regioni del centro-nord, abbia perfettamente capito quel che sta succedendo, e viva una sorta di presentimento di morte. Poich? molte imprese sono gi? morte, altre agonizzano, altre sanno che non potranno durare, le imprese superstiti cercano disperatamente di non scomparire. E avendo capito che la sopravvivenza delle imprese non ? in cima alla lista delle priorit? di questo governo, tentano l?ultima battaglia per salvare s? stesse dalla catastrofe che si annuncia.
Insomma, voglio dire che il governo Conte ? riuscito nel miracolo di restituire una sorta di ?coscienza di classe? alla parte produttiva del paese. E meno male che ci? sta accadendo, perch? in questo momento (preciso: in questo momento, non sempre e comunque) dare la priorit? alle imprese ? l?unico modo di difendere l?interesse collettivo e nazionale. Sul piano economico-sociale (lascio perdere quello sanitario, per non infierire) la pi? grande bugia di questo governo ? stata di lanciare il messaggio: nessuno perder? il lavoro, nessuno sar? lasciato indietro.
E invece no: se il Pil perder? il 10 o il 20% in un anno, come ? verosimile, spariranno milioni di posti di lavoro, e vivere di sussidi sar? l?unica possibilit? per milioni di famiglie.
Cerchiamo appunto di guardare ai prossimi mesi. Il Covid alla fine ci potr? dare una vera spinta per evitare il declino - lei lo definisce ?argentinizzazione lenta? - verso cui da anni ci siamo incamminati? Pensa che davvero si creer? un clima da ricostruzione post-bellica o ? solo retorica e propaganda politica?
Molto dipender? da tre fattori. Il primo ? che la base produttiva non subisca una distruzione catastrofica (caduta del Pil superiore al 10-15%). Il secondo ? che le imprese vengano messe, per la prima volta nella nostra storia, in condizione di lavorare senza ostacoli burocratici e vessazioni fiscali. Il terzo ? il fattore-Churchill: ovvero, avere al comando una classe dirigente seria, e possibilmente non frutto di manovre di palazzo.
Per ripartire e ricostruire c?? per? bisogno di una generazione che se ne faccia carico, un po? come quella che ha fatto tanti sacrifici nel Dopoguerra e che per? ha portato l?Italia al miracolo economico degli anni ?60. Dovrebbe, almeno teoricamente, essere quella degli attuali giovani, fra i 20 e i 40 anni. Ma si tratta di quella stessa generazione che si ? abbandonata all?opulenza negli ultimi anni, preferendo consumare ricchezza invece che creare reddito. Mi sembra un bel dilemma, non crede?
S?, la riconversione dei cosiddetti Neet (che alcuni chiamano bamboccioni, o generazione choosy) ? un?impresa difficile, specie se di lavoro ce ne sar? ancora meno che oggi.
Proprio per questo tendo a pensare che, se ricostruzione ci sar?, sar? grazie all?apporto di tutti, compresi anziani e pensionati, non certo soltanto o principalmente per opera degli attuali 20-40enni. Ma soprattutto penso che, a differenza che in passato, si dovr? puntare sull?auto-imprenditorialit?, pi? che sull?attesa messianica del posto di lavoro.
E se poi uno dei motori della ricostruzione fosse formato da quegli immigrati che lavorano in condizioni para-schiavistiche e che sono funzionali alla societ? signorile di massa come braccianti, colf, badanti e via dicendo?
Di alcuni segmenti di quella che nel mio libro definisco la ?infrastruttura para-schiavistica? della societ? italiana sar? difficile fare a meno. Ma mi piacerebbe che il dopo-Covid fosse anche l?occasione per attenuare il loro giogo: i fiumi di miliardi che oggi vanno a sussidiare chi non fa nulla, o lavora in nero senza pagare le tasse, troverebbero una destinazione pi? degna di un paese civile se servissero a trasformare i nostri attuali para-schiavi in veri lavoratori, restituendo loro il rispetto che la civilt? del lavoro ha sempre riservato al mondo dei produttori, compresi i pi? umili.
notizia da:huffingtonpost.it
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