Tutto cominci? con ?Mani Pulite?. Poi Berlusconi termin? l'opera. Fu nel 1992-93, infatti, che in Italia, sull'onda della protesta contro la corruzione dei partiti, inizi? a diffondersi fino a dilagare un sentimento di disprezzo per la classe politica in quanto tale, un sentimento di avversione profonda per la politica come professione, direi per la dimensione stessa della politica e per la sua naturale (e aggiungo sacrosanta) pretesa di rappresentare la guida di una societ?. Giunto il momento di tirare le fila alle elezioni del '94, l'uomo di Arcore cavalc? l'onda da par suo. Mise insieme tutti gli ingredienti appena detti; li miscel? con il confuso antistatalismo ideologico prodotto dalla globalizzazione; e si present? come il profeta di quella societ? civile che nel biennio precedente era stata osannata da tutti (in Italia qualunque idiozia, purch? di moda, pu? contare quasi sempre su adesioni unanimi: il federalismo ? un altro caso), osannata come la matrice per antonomasia del ?nuovo? e dell'?onest??.
Da allora tutto il fronte antiberlusconiano non si stanca di denunciare l'?antipolitica? che rappresenterebbe l'anima del ?populismo? del Cavaliere, di denunciarne ad ogni occasione i pericoli. Ma ci? nonostante proprio da allora, e forse non per caso, esso sembra spinto irresistibilmente a imitarlo. Da allora anche gli avversari di Berlusconi sono diventati sempre pi? inclini a vellicare i luoghi comuni dell'antipolitica. Come si vede bene oggi, tanto al centro che a sinistra, con l'inizio di questa campagna elettorale.
Dietro un omaggio di facciata (per carit?, non sia mai detto ?scendere?, bens? ?salire?, in politica), in realt? l'intera piattaforma centrista di Monti si fa un vanto esplicito, ripetuto, insistito, della propria (reale?) estraneit? alla politica: estraneit? che neppure si sforza di nascondere la sua effettiva ostilit? alla politica. Ne ? espressione eloquente il bando comminato a chiunque abbia seduto alla Camera o al Senato per pi? di un certo numero di anni.
Monti e i suoi collaboratori hanno aderito all'idea - questa s? tipica di ogni populismo - che la politica non ha bisogno di persone esperte dei suoi meccanismi, persone pratiche del funzionamento delle amministrazioni, conoscitrici dei regolamenti delle assemblee parlamentari. No. Il nostro presidente del Consiglio - parlano per lui le procedure con cui ha voluto formare le liste dei candidati - sembra aver fatto proprio, invece, il pregiudizio volgare secondo cui il professionismo politico sarebbe il peggiore dei mali. Mentre un industriale, un economista, un professore universitario - loro s?, espressione della celebrata ?societ? civile? - sarebbero invece per ci? stesso non solo onesti e disinteressati, e capaci di scelte giuste nonch? di farle attuare presto e bene, ma anche in grado di soddisfare quella condizione non proprio tanto secondaria che ? il consenso.
Pure per questa via, insomma, affiora nell'insieme del montismo, se cos? posso chiamarlo, quell'opzione irresistibilmente tecnocratica che, se ne sia consapevoli o no, rappresenta essa pure un esito classico dell'?antipolitica?.
La quale antipolitica poi, a ben vedere, alla fine non ? altro che politica con altri mezzi. Lo dimostra quanto sta accadendo sempre in queste settimane stavolta a sinistra, nel Pd. Qui pure tutta l'operazione della designazione ?dal basso? delle candidature elettorali ? stata condotta - in maniera perlopi? non detta, ma comunque chiarissima - facendo leva sull'ostilit? verso il professionismo politico, verso chi occupava da troppo tempo la fatidica poltrona. Come appare ormai evidente, si ? trattato di una versione per cos? dire dolce della renziana ?rottamazione?, guidata per? dall'abile regia della segreteria Bersani. La quale, facendosi forte del mito della ?societ? civile? e del ?rinnovamento? - reso in questo caso pi? perentorio dal comandamento del ?largo ai giovani e alle donne? - se ne ? servito per fare fuori buona parte della vecchia rappresentanza, a lei estranea, e sostituirla con ?giovani turchi? e dirigenti interni vicini al nuovo corso. E quindi per rafforzarsi.
Ma naturalmente poche cose sono cos? sicure come il fatto che, al centro come a sinistra, coloro che risulteranno eletti con il crisma salvifico della societ? civile, anche loro, alla fine, si adegueranno disciplinatamente ai vincoli e agli obblighi della politica. Anche loro obbediranno a quella regola suprema della politica che chi ha pi? forza, pi? potere, comanda: e poich? la gran parte dei cosiddetti esponenti della societ? civile di forza propria ne hanno poca o nulla, proprio essi - c'? da scommetterci - risulteranno in definitiva i pi? obbedienti.
Ernesto Galli Della Loggia
Sul resto non concordo del tutto ma l'ultimo comma ? inoppugnabile.

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