Visto che NESSUNO ? stato capace di mettere un post interessante riguardo a quello che ? successo ieri
, vorrei riportare le parole di Michele Serra , tratte dalla repubblica, che sono state le uniche che mi hanno infiammato come durante la gara...
"Lo "sport puro", fatto di solo talento e valore, di epica agonistica e di etica cavalleresca, ? un mito sepolto sotto tali e tanti strati di business, di doping e di ciance polemiche, che quasi non ne facciamo pi? conto: le rovine di Ilio erano pi? accessibili? Per questo, soprattutto per questo, lo strabiliante duello omerico tra Rossi e Biaggi (Gp del Sudafrica di ieri, domenica 18 aprile 2004) andrebbe estratto tutto intero dal blob televisivo domenicale (di tutte le domeniche) e custodito nel piccolo pantheon delle immagini memorabili, delle gare magnifiche, degli spettacoli perfetti.
Si correva la prima gara del mondiale di motociclismo, e i due piloti italiani, gi? divisi da una rivalit? acida e non sempre di buon gusto, hanno riscattato l'intero repertorio di insulti e di risse sublimandolo in una gara cos? appassionante, cos? incerta e tirata fino ai limiti estremi della destrezza, da lasciare senza fiato.
Dopo il traguardo, il vincitore Rossi, interpretando lo sfinimento agonistico di noi tutti, ha appoggiato la moto a un muretto di copertoni e si ? chinato brevemente sull'asfalto, come per riprendere respiro e confidenza con la terraferma, e per riaversi dalla incredibile sequenza di sorpassi inferti e subiti. Le traiettorie dei due piloti si erano intrecciate per tutta la gara, sfiorandosi fino a intignare il muso l'uno nella coda dell'altro. Sembravano legate allo stesso elastico. Hanno cercato per decine di giri di infilare, tra i due e i trecento all'ora, il varco ristretto di un'esitazione dell'avversario, di un impercettibile scarto in curva. Una specie di Italia-Germania 4-3, con i sorpassi invece dei gol, e quella speciale impressione di tempo dilatato, di traguardo sempre qualche spanna pi? avanti, che appartiene solo alle gare straordinarie, quelle insolute fino all'ultimo istante di gara, quelle che vorremmo non finissero mai, e insieme non vediamo l'ora che finiscano pur di poter riposare il cuore.
Rossi aveva la moto nuova, una Yamaha, Biaggi (si dice) quella migliore, una Honda, ma merito del motociclismo (per esempio rispetto alla F.1) ? essere ancora e soprattutto una sfida tra piloti, e assai meno una competizione tra fabbriche: sar? anche che, a differenza dell'auto, la moto ha l'umilt? e il merito di lasciar spiccare la sagoma intera del pilota, di diventarne quasi una protesi stradale. Fino a sembrare pi? un attrezzo sportivo, come la racchetta da tennis o la mazza da hockey, che quell'ordigno metalmeccanico che in effetti ?. Il dettaglio tecnico riferisce che Rossi ha avuto il merito di vincere su una macchina meno collaudata e meno favorita. Biaggi per? correva su una Honda "non ufficiale", e ha seminato di qualche chilometro le due "ufficiali". Entrambi hanno dunque superato i supposti limiti del mezzo con una capacit? di guida superiore. Che, in sella a due gomme sempre sul filo dell'aderenza, significa, in una sola parola, coraggio da vendere.
Gli sport del motore, da tempo confinati sui nastri artificiali dei circuiti e levati dalle strade comuni sulle quali sono nati, non possono pi? ripetere la rischiosa e fragorosa epopea della Mille Miglia, o dei circuiti cittadini dove una volta le moto correvano e spesso si fracassavano. Eppure, l'esercizio di stile tracciato ieri da Rossi e Biaggi sulla pista sudafricana destava una meraviglia intatta, antica, degna dei racconti (non sempre rigorosi) sulle gesta dei tempi eroici, quando era solo per radio che rimbalzavano le cronache sportive. Essere riusciti a meravigliarci nel tempo della televisione, con decine di telecamere ficcate intorno e sulla moto, con centinaia di replay che inflazionano l'attimo e banalizzano il gesto, ? stato veramente un piccolo miracolo del talento. Una gara unica, un pezzo unico nell'evo della dozzinalit? e della ripetizione in serie. "
Complimenti a entrambi, ma Rossi ha fatto qualcosa di incredibile.
"Lo "sport puro", fatto di solo talento e valore, di epica agonistica e di etica cavalleresca, ? un mito sepolto sotto tali e tanti strati di business, di doping e di ciance polemiche, che quasi non ne facciamo pi? conto: le rovine di Ilio erano pi? accessibili? Per questo, soprattutto per questo, lo strabiliante duello omerico tra Rossi e Biaggi (Gp del Sudafrica di ieri, domenica 18 aprile 2004) andrebbe estratto tutto intero dal blob televisivo domenicale (di tutte le domeniche) e custodito nel piccolo pantheon delle immagini memorabili, delle gare magnifiche, degli spettacoli perfetti.
Si correva la prima gara del mondiale di motociclismo, e i due piloti italiani, gi? divisi da una rivalit? acida e non sempre di buon gusto, hanno riscattato l'intero repertorio di insulti e di risse sublimandolo in una gara cos? appassionante, cos? incerta e tirata fino ai limiti estremi della destrezza, da lasciare senza fiato.
Dopo il traguardo, il vincitore Rossi, interpretando lo sfinimento agonistico di noi tutti, ha appoggiato la moto a un muretto di copertoni e si ? chinato brevemente sull'asfalto, come per riprendere respiro e confidenza con la terraferma, e per riaversi dalla incredibile sequenza di sorpassi inferti e subiti. Le traiettorie dei due piloti si erano intrecciate per tutta la gara, sfiorandosi fino a intignare il muso l'uno nella coda dell'altro. Sembravano legate allo stesso elastico. Hanno cercato per decine di giri di infilare, tra i due e i trecento all'ora, il varco ristretto di un'esitazione dell'avversario, di un impercettibile scarto in curva. Una specie di Italia-Germania 4-3, con i sorpassi invece dei gol, e quella speciale impressione di tempo dilatato, di traguardo sempre qualche spanna pi? avanti, che appartiene solo alle gare straordinarie, quelle insolute fino all'ultimo istante di gara, quelle che vorremmo non finissero mai, e insieme non vediamo l'ora che finiscano pur di poter riposare il cuore.
Rossi aveva la moto nuova, una Yamaha, Biaggi (si dice) quella migliore, una Honda, ma merito del motociclismo (per esempio rispetto alla F.1) ? essere ancora e soprattutto una sfida tra piloti, e assai meno una competizione tra fabbriche: sar? anche che, a differenza dell'auto, la moto ha l'umilt? e il merito di lasciar spiccare la sagoma intera del pilota, di diventarne quasi una protesi stradale. Fino a sembrare pi? un attrezzo sportivo, come la racchetta da tennis o la mazza da hockey, che quell'ordigno metalmeccanico che in effetti ?. Il dettaglio tecnico riferisce che Rossi ha avuto il merito di vincere su una macchina meno collaudata e meno favorita. Biaggi per? correva su una Honda "non ufficiale", e ha seminato di qualche chilometro le due "ufficiali". Entrambi hanno dunque superato i supposti limiti del mezzo con una capacit? di guida superiore. Che, in sella a due gomme sempre sul filo dell'aderenza, significa, in una sola parola, coraggio da vendere.
Gli sport del motore, da tempo confinati sui nastri artificiali dei circuiti e levati dalle strade comuni sulle quali sono nati, non possono pi? ripetere la rischiosa e fragorosa epopea della Mille Miglia, o dei circuiti cittadini dove una volta le moto correvano e spesso si fracassavano. Eppure, l'esercizio di stile tracciato ieri da Rossi e Biaggi sulla pista sudafricana destava una meraviglia intatta, antica, degna dei racconti (non sempre rigorosi) sulle gesta dei tempi eroici, quando era solo per radio che rimbalzavano le cronache sportive. Essere riusciti a meravigliarci nel tempo della televisione, con decine di telecamere ficcate intorno e sulla moto, con centinaia di replay che inflazionano l'attimo e banalizzano il gesto, ? stato veramente un piccolo miracolo del talento. Una gara unica, un pezzo unico nell'evo della dozzinalit? e della ripetizione in serie. "
Complimenti a entrambi, ma Rossi ha fatto qualcosa di incredibile.


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