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In Italia ci si ammazza sempre meno

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    #121
    Originally posted by rna View Post
    Ovviamente le giustificazioni le leggi solo tu...
    Ma tu sei speciale vero?😉
    Friedrich Schiller, Die Jungfrau von Orl?ans:

    "Mit der Dummheit k?mpfen G?tter selbst vergebens."

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      #122
      Originally posted by HighSide View Post
      Friedrich Schiller, Die Jungfrau von Orl?ans:

      "Mit der Dummheit k?mpfen G?tter selbst vergebens."


      Gentilmente queste citazioni riservale ai tuoi parenti ed affini, grazie

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        #123
        Originally posted by HighSide View Post
        Friedrich Schiller, Die Jungfrau von Orl?ans:

        "Mit der Dummheit k?mpfen G?tter selbst vergebens."
        Guarda chenon ? segno d'intelligenza nemmeno questo vostro erigersi perennemente su un piedistallo di saccenza

        Oltre a dare dello stupido ad un utente , non hai altro da argomentare ? Magari qualcosa di pi? interessante che ste uscite infelici da manuale delle giovani marmotte ?

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          #124
          Originally posted by Lele-R1-Crash View Post
          Guarda chenon ? segno d'intelligenza nemmeno questo vostro erigersi perennemente su un piedistallo di saccenza

          Oltre a dare dello stupido ad un utente , non hai altro da argomentare ? Magari qualcosa di pi? interessante che ste uscite infelici da manuale delle giovani marmotte ?
          In casi come questo no. Ho un po' di tempo per scrivere qua ma non cos? tanto per i casi disperati, in cui fra l'altro mi attribuiscono intenzioni GRAVI che non ho.
          Passo e chiudo.

          PS: anche da parte dei familiari ed affini
          Last edited by HighSide; 01-07-16, 11:24.

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            #125
            Originally posted by HighSide View Post
            In casi come questo no. Ho un po' di tempo per scrivere qua ma non cos? tanto per i casi disperati, in cui fra l'altro mi attribuiscono intenzioni GRAVI che non ho.
            Passo e chiudo.

            PS: anche da parte dei familiari ed affini


            Allora il poco tempo che hai potresti utilizzarlo meglio che nell'ergerti s detentore del verbo ed insultare chi non condivide il tuo augusto pensiero.

            Nessuno, almeno non io, ti ha attribuito intenzione alcuna grave o meno grave.

            Il tema di discussione ? "scivolato" sul femminicidio ed ho trovato e trovo la dotta discussione su elementi che danno una spiegazione biologica della violenza ed aggressivit? fuori luogo e stonata in questo contesto.

            Tutto qui.

            Peraltro ho molte perplessit? nel l'opportunit? di introdurre nel CP la fattispecie del femminicidio perch? ? un elemento che "discrimina" ed ? bellissimo l'art 575
            "Chiunque cagiona la morte di un uomo ? punito con la reclusione non inferiore ad anni"

            Chiunque: l'espressione della piena ed assoluta parit? dinanzi alla legge.

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              #126
              Originally posted by paolo_c View Post
              Allora il poco tempo che hai potresti utilizzarlo meglio che nell'ergerti s detentore del verbo ed insultare chi non condivide il tuo augusto pensiero.

              Nessuno, almeno non io, ti ha attribuito intenzione alcuna grave o meno grave.

              Il tema di discussione ? "scivolato" sul femminicidio ed ho trovato e trovo la dotta discussione su elementi che danno una spiegazione biologica della violenza ed aggressivit? fuori luogo e stonata in questo contesto.

              Tutto qui.

              Peraltro ho molte perplessit? nel l'opportunit? di introdurre nel CP la fattispecie del femminicidio perch? ? un elemento che "discrimina" ed ? bellissimo l'art 575
              "Chiunque cagiona la morte di un uomo ? punito con la reclusione non inferiore ad anni"

              Chiunque: l'espressione della piena ed assoluta parit? dinanzi alla legge.
              Ora per te la biologia ? stonata e fuori luogo..., la natura fa le gaffe..., l'universo ce l'ha con te...
              esticazzi 'un ce lo mettiamo?
              Vedi Paolo, le regole che governano questo universo possono piacere o meno, posso essere ritenute ingiuste, perfino crudeli, ma loro se ne fottono allegramente e continuano ad esistere incuranti di questa pallina di materia che gira attorno a questa piccola stella periferica di una galassia qualsiasi nel mare del cosmo... (sono lirico nel pomeriggio lo so...) ma soprattutto incuranti di queste buffe scimmie nude che abitando questa pallina di materia hanno creduto (e molte lo credono tuttora) di essere l'ombelico di un qualcosa che loro stessi sono incapaci di immaginare.
              Detto questo la biologia continua a regnare e delle critiche politicamente corrette di Paolo_c fottesega...
              La stessa biologia che fornisce una chiara chiave interpretativa e spiega il perch? visto il sostanziale equilibrio numerico tra uomini e donne sul pianeta i crimini violenti sono appannaggio in larga maggioranza di maschi...
              E' biologia, ? scritto nel nostro dna, a parit? di societ? educazione cazzi e mazzi il maschio sar? pi? propenso della femmina ad usare la violenza ? e sar? cos?, a meno di non intervenire sulla doppia elica e modificare la nostra matrice biologica.
              Tutto questo NON giustifica in alcun modo i maschi che usano violenza a donne o ad altri maschi ma ne spiega le motivazioni pi? profonde.
              Tanto dovevo

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                #127
                Originally posted by Jeanne View Post
                Giustificare la violenza ricorrendo alla biologia... proprio nella terra dei sogni vivi... ma v?, v?...
                Originally posted by Lele-R1-Crash View Post
                Ma quindi tu dici che l'essere umano maschio dovrebbe biologicamente dare sfogo a tutti gli istinti che gli vengono in mente ? Stuprare bambini , uccidiere suoi simili , violentare donne , cannibalizzare suoi simili ecc ecc ?
                Originally posted by Lele-R1-Crash View Post
                Io ho abbandonato la discussione , ma leggendo da esterno date l'idea di non aver ben chiaro che la specie "homo sapiens" ha costruito la sua socializzazione su determinate regole .


                Ricordo per? agli utenti che si accaniscono verso motti come "l'uomo ha istinti di andare con pi? donne possibile" , l'"uomo ha sviluppato pi? forza per combattere con altri maschi" ed estremizzazioni cosi : Ricordo che quando l'IO perde l'equilibrato bilanciamento tra l'ES ed il SUPERIO , si parla di FOLLIA . Questa ? la definizione in ambito psichiatrico di FOLLIA .
                Originally posted by paolo_c View Post

                Gli omicidi sono una malattia? Andiamo bene
                Originally posted by paolo_c View Post
                Ne discende che l'omicidio non dovrebbe essere reato perch? ? semplicemente dovuto all'evoluzione biologica.
                Originally posted by paolo_c View Post
                Tutto corretto e condivisibile salvo che... non ha la minima attinenza con una condotta che nell'ordinamento giuridico che si ? dato una societ? civile ? reato.

                Sono concetti assolutamente scollegati e senza alcuna connessione .
                Altrimenti potremmo trovare una "spiegazione" biologica per chi elimina gli anziani, i giovani che sono "concorrenti" etc etc.
                Originally posted by paolo_c View Post

                Non nascondiamoci dietro alla retorica, il senso generale -non dichiarato esplicitamente - che se ne trae ? quello di una qualche giustificazione

                motivare v. tr. [der. di motivo2]. ? 1. Provocare, esser motivo o causa di qualche cosa: la lite fu motivata da un malinteso.

                giustificare (ant. anche iustificare) v. tr. [dal lat. tardo iustificare, comp. di iustus ?giusto? e tema di facĕre ?fare?] (io giust?fico, tu giust?fichi, ecc.). ? 1. b. Con soggetto di cosa, fare s? che un atto, pur non essendo giusto in s?, debba essere ritenuto tale, cio? legittimo, non imputabile a colpa, in base a speciali considerazioni: la bont? del fine giustifica i mezzi (v. anche la frase prov. il fine giustifica i mezzi); l?assurdit? dell?accusa giustifica pienamente la sua reazione; l?ignoranza della legge non giustifica la sua violazione. c. Riconoscere o dichiarare giusto, privo di colpa o per lo meno scusabile: il preside ha giustificato la mia assenza; bisogna giustificarlo se, nelle sue condizioni, ha finito con l?accettare l?offerta; ? una mancanza di riguardo che non pu? essere in nessun modo giustificata.

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                  #128
                  In Italia ci si ammazza sempre meno

                  Treccani

                  giustificazione /dʒustifika'tsjone/ s. f. [dal lat. tardo iustificatio -onis]. - 1. [atto, fatto di giustificare, di motivare: g. di una spesa; g. delle assenze] ≈ motivazione, spiegazione. ⇑ documentazione. 2. (estens.) a. [atto, fatto di scusare, di difendere da accuse: ? un errore che non ammette g.; addurre prove a propria g.] ≈ difesa, discarico, discolpa, scusa, scusante. [emoji662] accusa, addebito. b. [documento che serve a giustificare delle spese] ≈ [→ GIUSTIFICATIVO s. m.]. 3. (teol.) [opera di *** che, con la sua grazia, rende giusto l'uomo] ≈ redenzione, salvazione, salvezza. [emoji662] dannazione, perdizione. 4. (tipogr.) [operazione con cui una linea di composizione tipografica viene portata alla giustezza esatta prescritta] ≈ ‖ allineamento.

                  DAIDEDIZIONARIO

                  ma se vuoi continuiamo eh
                  Last edited by paolo_c; 01-07-16, 16:27.

                  Comment


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                    #129
                    Originally posted by rna View Post
                    Ora per te la biologia ? stonata e fuori luogo..., la natura fa le gaffe..., l'universo ce l'ha con te...
                    esticazzi 'un ce lo mettiamo?
                    Vedi Paolo, le regole che governano questo universo possono piacere o meno, posso essere ritenute ingiuste, perfino crudeli, ma loro se ne fottono allegramente e continuano ad esistere incuranti di questa pallina di materia che gira attorno a questa piccola stella periferica di una galassia qualsiasi nel mare del cosmo... (sono lirico nel pomeriggio lo so...) ma soprattutto incuranti di queste buffe scimmie nude che abitando questa pallina di materia hanno creduto (e molte lo credono tuttora) di essere l'ombelico di un qualcosa che loro stessi sono incapaci di immaginare.
                    Detto questo la biologia continua a regnare e delle critiche politicamente corrette di Paolo_c fottesega...
                    La stessa biologia che fornisce una chiara chiave interpretativa e spiega il perch? visto il sostanziale equilibrio numerico tra uomini e donne sul pianeta i crimini violenti sono appannaggio in larga maggioranza di maschi...
                    E' biologia, ? scritto nel nostro dna, a parit? di societ? educazione cazzi e mazzi il maschio sar? pi? propenso della femmina ad usare la violenza ? e sar? cos?, a meno di non intervenire sulla doppia elica e modificare la nostra matrice biologica.
                    Tutto questo NON giustifica in alcun modo i maschi che usano violenza a donne o ad altri maschi ma ne spiega le motivazioni pi? profonde.
                    Tanto dovevo
                    Originally posted by paolo_c View Post
                    Treccani

                    giustificazione /dʒustifika'tsjone/ s. f. [dal lat. tardo iustificatio -onis]. - 1. [atto, fatto di giustificare, di motivare: g. di una spesa; g. delle assenze] ≈ motivazione, spiegazione. ⇑ documentazione. 2. (estens.) a. [atto, fatto di scusare, di difendere da accuse: ? un errore che non ammette g.; addurre prove a propria g.] ≈ difesa, discarico, discolpa, scusa, scusante. [emoji662] accusa, addebito. b. [documento che serve a giustificare delle spese] ≈ [→ GIUSTIFICATIVO s. m.]. 3. (teol.) [opera di *** che, con la sua grazia, rende giusto l'uomo] ≈ redenzione, salvazione, salvezza. [emoji662] dannazione, perdizione. 4. (tipogr.) [operazione con cui una linea di composizione tipografica viene portata alla giustezza esatta prescritta] ≈ ‖ allineamento.

                    DAIDEDIZIONARIO

                    ma se vuoi continuiamo eh
                    Paolo cosa del mio intervento non ti ? chiaro?
                    Highside dice le stesse cose[emoji6]

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                      #130

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                        #131
                        Originally posted by rna View Post
                        Paolo cosa del mio intervento non ti ? chiaro?
                        Highside dice le stesse cose[emoji6]


                        Tutto molto chiaro salvo il fatto che "motivazione" e "giustificazione" sono parole che nel linguaggio comune sono utilizzati come sinonimi e non lo dico io ma, ad es la treccani.

                        Per questo mi pare che "motivare" la violenza a proposito di femminicidio sia fuori luogo.

                        Comprendo poi tutti i tuoi distinguo e posso anche condividerli ma quel l'idea resta.

                        Highside? Non sono uso rispondere a chi insulta anche se, ora che ricordo, anche tu in passato mi hai insultato e non poco ma tendo a scordarmi delle piccolezze

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                          #132
                          Originally posted by rna View Post
                          Paolo cosa del mio intervento non ti ? chiaro?
                          Highside dice le stesse cose[emoji6]
                          preokkupante...molto preokkupante

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                            #133
                            Originally posted by paolo_c View Post
                            Tutto molto chiaro salvo il fatto che "motivazione" e "giustificazione" sono parole che nel linguaggio comune sono utilizzati come sinonimi e non lo dico io ma, ad es la treccani.

                            Per questo mi pare che "motivare" la violenza a proposito di femminicidio sia fuori luogo.

                            Comprendo poi tutti i tuoi distinguo e posso anche condividerli ma quel l'idea resta.

                            Highside? Non sono uso rispondere a chi insulta anche se, ora che ricordo, anche tu in passato mi hai insultato e non poco ma tendo a scordarmi delle piccolezze
                            Il punto ? proprio questo nessuno ha inteso giustificare la violenza, ma comprendere i meccanismi biologici che in barba a tutte le nostre leggi e regole sociali permettono alla violenza di non scomparire dalle nostre popolazioni pu? solo migliorare il problema non giustificarlo.
                            Un po' come andare in moto, se non usi casco e protezioni sei un pirla perch? in moto PUOI CADERE, saperlo e prepararsi al peggio non causa la caduta ma ne limita i danni.

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                              #134
                              L'imputabilit penale

                              L'imputabilit? ? una condizione personale del reo e costituisce, a prescindere dalle diverse interpretazioni dottrinali esistenti sul suo rapporto con la colpevolezza, il presupposto per l'applicazione all'autore del fatto della pena.


                              L'imputabilit? del reo sussiste allorch?, al momento della commissionne del fatto, possieda:


                              la capacit? di intendere e, cio?, di rendersi conto della realt? e delle sue azioni;


                              la capcit? di volere e, cio?, la capacit? di autodeterminarsi sulla base di dati presupposti percettivi.


                              Non esiste, peraltro, perfetta coincidenza tra la capacit? naturale e l'imputabilit? in quanto quest'ultima sussiste anche ove l'incapacit? naturale sia stata volontariamente o colposamente determinata dall'autore del fatto.


                              Diverse sono le teorie che hanno tentato di individuare il fondamento dell'imputabilit? nell'ambito del sistema penale.

                              Secondo la teoria del libero arbitrio, considerando la natura retributiva della pena, il soggetto incapace di intendere la realt? e di autonomi processi volitivi, a cagione di determinate situazioni personali non sarebbe assoggettabile a pena in quanto non rimproverabile.

                              Secondo la teoria dell'intimidazione, l'imputabilit? sarebbe presupposto per l'applicazione della pena in quanto, in difetto di capacit? di intendere e volere, il soggetto non subirebbe la coazione psicologica della pena che si rivelerebbe, pertanto, del tutto inefficace.


                              Secondo la teoria positiva, invece, la distinzione tra imputabili e non imputabili non avrebbe senso in quanto tutto il sistema sanzionatorio penale sarebbe incentrato non sulla responsabilit? individuale ma sulla responsabilit? sociale, sicch?, di fornte a fatti che mettano in pericolo o ledano interessi che la societ? ritiene meritevoli di tutela, la societ? stessa reagisce, a seconda delle condizioni personali del reo, con misure di "sicurezza" in senso ampio di diversa natura (pene per i soggetti dotati di capacit? di intendere e di volere, misure di sicurezza per i soggetti che ne siano privi).


                              In ogni caso, le cause che escludono l'imputabilit? possono distinguersi in:
                              cause fisiologiche (l'et?);
                              cause patologiche (infermit?);
                              cause di natura tossica (intossicazione di alcool o stupefacenti).


                              Si discute, in dottrina, se possano essere individuate ulteriori cause determinanti la non imputabilit?, in applicazione di procedimento analogico. In contrario si rileva che, con il meccanismo dell'interpretazione estensiva della norma, le cause individuate dal codice penale sembrerebbero essere idonee a ricomprendere qualsivoglia fatto incidente sulla capacit? di intendere e di volere (tant'? che i casi menzionati a sostegno dell'applicazione del procedimento analogico sono di scuola e non tratti della realt?). In senso favorevole, si osserva che le norme in tema di imputabilit? sono di favore e che, perci?, non sussistono ragioni per negare l'applicabilit? del procedimento analogico.


                              Secondo la giurisprudenza, in ogni caso, onde dichiarare il proscioglimento dell'imputato in quanto non imputabile, ? necessario verificare che sussistano i presupposti materiali e di colpevolezza del reato.


                              Al riguardo, occorre brevemente accennare alla problematica inerente i rapporti tra imputabilit? e colpevolezza in quanto, secondo la dottrina dominante e la giurisprudenza, la colpevolezza, come rappresentazione e volont? del fatto, sarebbe configurabile anche in soggetto non imputabile.

                              Secondo la teoria normativa della colpevolezza, invece, l'imputabilit? ? presupposto della colpevolezza sicch? ai soggetti non imputabili non potrebbe essere mosso un rimprovero per la condotta tenuta. Ne consegue che, secondo tale impostazione, la colpevolezza non sarebbe configurabile in assenza di imputabilit? e che la colpevolezza stessa rappresenterebbe un elemento del reato solo con riferimento alle azioni dei soggetti imputabili.

                              La minore et?

                              La minore et? ? una causa che esclude o diminuisce l'imputabilit?.

                              I soggetti minori degli anni quattordici sono non imputabili; con riferimento ai soggetti maggiori di quattordici anni ma inferiori di diciotto, invece, la valutazione va effettuta da parte del giudice caso per caso sulla base della capacit? percettiva, volitiva e affettiva del minore nonch? sulla base dell'attitudine a percepire il disvalore etico sociale della condotta posta in essere.


                              Naturalemente, al fine di svolgere la relativa indagine, un ruolo predominante sar? quello rivestito dalle caratteristiche dell'azione.

                              I minori di quattordici anni saranno sempre prosciolti con la possibilit?, in caso d'acclarata pericolosit? sociale, di applicare la misura di sicurezza del ricovero in riformatorio giudiziario o della libert? vigilata; i maggiori di quattordici anni e minori di diciotto, ove ritenuti imputabili, potranno essere processati con l'applicazione di una pena diminuita. Si discute in dottrina e giurisprudenza in merito al dies a quo a partire dal quale considerare decorrente lo status di soggetto imputabile. In particolare, non vi ? uniformit? di vedute in relazione al giorno di compimento del quattordicesimo anno o del diciottesimo anno d'et?, se, cio?, tali giorni vadano interpretati come rientranti nell'arco temporale precedente o successivo. La prevalente dottrina e giurisprudenza, sulla base del principio della non computabilit? del dies a quo, ritengono che tali giorni debbano rientrare nell'arco temporale precedente.

                              L'infermit? di mente

                              Ulteriore causa incidente sull'imputabilit? ? l'eventuale incapacit? di intendere e di volere cagionata da un'infermit?. Tra le caratteristiche della malattia determinante lo stato di incapacit? di intendere e di volere, deve sottolinearsi come essa possa essere anche di natura fisica e come non occorra necessariamente che si tratti di infermit? duratura purch? sia idonea ad incidere sulla capacit? di intendere e di volere del soggetto al momento della commissione del fatto.


                              La giurisprudenza ha, pi? volte, avuto modo di occuparsi delle diverse nevrosi psicologiche come possibili cause induttive di stati di inimputabilit?; l'orientamento consolidato della Suprema Corte era nel senso di escludere che le psicopatie o le nevrosi di natura ansioso depressiva fossero idonee ad escludere la capacit? di intendere e volere, essendo, al riguardo, necessario che l'alterazione dei processi volitivi e percettivi varcasse la soglia della psicosi, traducendosi in una vera e propria forma di malattia e non in una mera nota del carattere, sia pure accentuata da determinati accadimenti.


                              Con la sentenza n. 9163 del 2005, invece, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno avuto modo di precisare come anche i disturbi della personalit?, pur non sempre inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, possono rientrare nel concetto di infermit?, purch? siano di consistenza e gravit? tali da incidere concretamente sulla capacit? di intendere e di volere ed a condizione che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa.


                              Con riferimento a quest'ultimo profilo, occorre, infatti, sottolineare che, tra gli ulteriori presupposti del proscioglimento per non imputabilit?, vi ? quello che sussista un nesso di causalit? tra la tipologia di infermit?, la situazione d'incapacit? che ne deriva ed il tipo di reato commesso (si pensi, ad esempio, alle monomanie, come quella persecutoria e ad un omicidio perpetrato a dannid i persona del tutto diversa e slegata dal ritenuto persecutore).


                              L'incapacit? di intendere e di volere, secondo quanto previsto dal codice, pu? assumere diversi gradi di intensit?; ove sia esclusa, l'autore del fatto sar? prosciolto e gli potr? essere applicata una misura di sicurezza che, di regola, ? quella del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario; ove sia diminuita, l'autore del fatto sar? punito con pena diminuita con la possibilit? d'applicazione, al termine della pena, di una misura di sicurezza che potr? essere quella dell'assegnazione ad una casa di cura e custodia.


                              Mette conto rilevare che la giurisprudenza ritiene configurabile l'elemento psicologico anche con riferimento al soggetto seminfermo di mente con la conseguenza che la ricorrenza e la verifica di tale presupposto sar? condizione indispensabile per l'affermazione della sua responsabilit? penale.


                              Si discute in dottrina sui rapporti tra la minore et? nel periodo compreso tra i quattordici e i diciotto anni e la seminfermit? di mente. Secondo una parte della dottrina, infatti, la situazione d'infermit? che determinerebbe su un maggiorenne l'applicazione di una pena diminuita ai sensi dell'art. 89 cp, su un minorenne determinerebbe automaticamente l'inimputabilit?.


                              La giurisprudenza e altra parte della dottrina, invece, ritengono che il grado dell'infermit? ed il grado della conseguente incapacit? di intendere e volere vadano valutati nello stesso modo nei confornti di soggetti maggiori d'et? e di soggetti infraquattordicenni e minori degli anni diciotto.


                              Diverso il discorso, verificabile, tuttavia, con accertamento caso per caso, ove il particolare tipo di infermit? abbia inciso sulla maturazione psicologica del minore in quanto, in tale ipotesi, ai sensi dell'art. 98 cp, il Giudice potr? valutare l'inimputabilit? del minore stesso.

                              Stati emotivi e passionali.

                              All'art. 90 del cp, viene escluso che gli stati emotivi e passionali possano incidere sull'imputabilit?. La differenza tra le due condizioni menzionate dalla norma ? che, mentre i primi hanno natura transitoria e si connotano come perturbamenti improvvisi della mente, i secondi hanno carattere durevole e radici pi? profonde. Secondo la dottrina l'esclusione aprioristica della loro possibilit? di incidere sull'imputabilit? non si giustificherebbe in quanto, in talune ipotesi, gli stati emotivi e passionali, ove innestati su personalit? deboli, sarebbero idonei ad escludere la capacit? di intendere e di volere.


                              La giurisprudenza, invece, prende in considerazione tali stati, con riferimento alla valutazione dell'imputabilit?, come possibile indice di un'infermit? e di stati patologici preesistenti del soggetto.


                              Titolo IV: DEL REO E DELLA PERSONA OFFESA DAL REATO
                              Capo I: DELLA IMPUTABILITA'


                              Art. 85 Capacita' d'intendere e di volere
                              Nessuno puo' essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile.
                              E' imputabile chi ha la capacita' di intendere e di volere.

                              Art. 86 Determinazione in altri dello stato d'incapacita', allo scopo di far commettere un reato
                              Se taluno mette altri nello stato d'incapacita' d'intendere o di volere, al fine di fargli commettere un reato, del reato commesso dalla persona resa incapace risponde chi ha cagionato lo stato d'incapacita'.

                              Art. 87 Stato preordinato d'incapacita' d'intendere e di volere
                              La disposizione della prima parte dell'articolo 85 non si applica a chi si e' messo in stato d'incapacita' d'intendere o di volere al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa.

                              Art. 88 Vizio totale di mente
                              Non e' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermita', in tale stato di mente da escludere la capacita' di intendere o di volere.

                              Art. 89 Vizio parziale di mente
                              Chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermita', in tale stato di mente da scemare grandemente, senza escluderla, la capacita' d'intendere o di volere, risponde del reato commesso; ma la pena e' diminuita.

                              Art. 90 Stati emotivi o passionali
                              Gli stati emotivi o passionali non escludono ne' diminuiscono l'imputabilita'.

                              Art. 91 Ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore
                              Non e' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva la capacita' d'intendere o di volere, a cagione di piena ubriachezza derivata da caso fortuito o da forza maggiore.
                              Se l'ubriachezza non era piena, ma era tuttavia tale da scemare grandemente, senza escluderla, la capacita' di intendere o di volere, la pena e' diminuita.

                              Art. 92 Ubriachezza volontaria o colposa ovvero preordinata
                              L'ubriachezza non derivata da caso fortuito o da forza maggiore non esclude ne' diminuisce l'imputabilita'.
                              Se l'ubriachezza era preordinata al fine di commettere il reato, o di prepararsi una scusa, la pena e' aumentata.

                              Art. 93 Fatto commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti
                              Le disposizioni dei due articoli precedenti si applicano anche quando il fatto e' stato commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti.

                              Art. 94 Ubriachezza abituale
                              Quando il reato e' commesso in stato di ubriachezza, e questa e' abituale, la pena e' aumentata.
                              Agli effetti della legge penale, e' considerato ubriaco abituale chi e' dedito all'uso di bevande alcooliche e in stato frequente di ubriachezza.
                              L'aggravamento di pena stabilito nella prima parte di questo articolo si applica anche quando il reato e' commesso sotto l'azione di sostanze stupefacenti da chi e' dedito all'uso di tali sostanze.

                              Art. 95 Cronica intossicazione da alcool o da sostanze stupefacenti
                              Per i fatti commessi in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool ovvero da sostanze stupefacenti, si applicano le disposizioni contenute negli articoli 88 e 89.

                              Art. 96 Sordomutismo
                              Non e' imputabile il sordomuto che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva, per causa della sua infermita' la capacita' d'intendere o di volere.
                              Se la capacita' d'intendere o di volere era grandemente scemata, ma non esclusa, la pena e' diminuita.

                              Art. 97 Minore degli anni quattordici
                              Non e' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i quattordici anni.

                              Art. 98 Minore degli anni diciotto
                              E' imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacita' d'intendere e di volere; ma la pena e' diminuita.
                              Quando la pena detentiva inflitta e' inferiore a cinque anni, o si tratta di pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena piu' grave, la condanna importa soltanto l'interdizione dai pubblici uffici per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall'esercizio della potesta' dei genitori o dell'autorita' maritale.

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                                Disturbi di personalit? e imputabilit? nuove prospettive

                                Aldo Franceschini

                                1. Introduzione
                                Vi sono almeno due aspetti che rendono di cruciale importanza l?approfondimento delle malattie mentali secondo una prospettiva criminologica. In primis, la circostanza che un soggetto, autore di reato, sia affetto da una patologia psichica pu? determinare decisive conseguenze giuridiche, sia di tipo sostanziale sia di tipo processuale; in secondo luogo, e in ogni caso, la presenza di tali disturbi offre significativi elementi per la comprensione della condotta criminosa di tali persone, sia dal punto di vista criminogenetico sia dal punto di vista criminodinamico. Il comportamento dell?uomo in seno alla societ? si presenta come il risultato di una interazione dinamica, funzionale e transattiva tra distinte variabili: il modello di cultura, il modello di societ?, il modello di personalit?(1). Lo studio delle caratteristiche psichiche dell?uomo, anche e soprattutto patologiche, consente di analizzare i fattori che rendono ogni persona un?entit? unica e che determinano la variabilit? della condotta individuale a parit? di condizioni esogene. I fattori de quibus (c.d. componenti di vulnerabilit? individuale) rendono ragione della resistenza o della fragilit? dei singoli dinanzi a stimoli potenzialmente criminogeni, se non addirittura della elettiva propensione di taluni a comportarsi in modo criminoso. In tale prospettiva scientifica, particolarmente complesso si presenta lo studio dei c.d. disturbi di personalit?: ci? anzitutto perch? problematico ? il loro inquadramento in ambito psichiatrico; inoltre perch? assai controversa risulta, nel sistema penale, la rilevanza della c.d. psicopatia quale infermit? in grado di abolire o scemare la capacit? di intendere e di volere, con conseguente non punibilit? del reo o diminuzione di pena.
                                2. La personalit?
                                Assai gravoso si appalesa l?onere di offrire una definizione appagante del concetto di personalit?; ci? in considerazione del significato non del tutto univoco che il concetto in questione ? venuto assumendo nell?ambito della psicologia scientifica(2). All?uopo ? sufficiente ricordare il contributo di Allport il quale, in un esauriente studio della letteratura in argomento, ha riportato quasi cinquanta definizioni della personalit?(3). In effetti, gi? nell?uso comune diversi sono i significati che vengono attribuiti al termine ?personalit??: un primo uso identifica il termine con quello di abilit? o accortezza sociale; una seconda accezione configura, invece, come inerenti alla personalit? dell?individuo le impressioni pi? intense e vive che egli suscita negli altri (personalit? aggressiva o sottomessa o timorosa)(4). Per quanto concerne le definizioni fornite dagli psicologi, ? bene richiamare la distinzione operata da Allport tra definizione biosociale e definizione biofisica. La prima presenta una chiara analogia con l?uso comune del termine: per essa, infatti, la personalit? coincide con il valore dell?individuo quale stimolo sociale. La definizione biofisica pone, invece, le radici della personalit? nelle caratteristiche o qualit? del soggetto: secondo tale prospettiva, la personalit? possiede sia un aspetto organico sia un aspetto soggetto ad osservazione e pu? essere posta in rapporto con qualit? specifiche dell?individuo, suscettibili di descrizione e misurazione obiettiva. Altre definizioni pongono in primo piano la funzione integrativa od organizzativa della personalit?: essa consisterebbe nella configurazione dei vari e distinti comportamenti dell?individuo oppure nella stessa sua forza attiva. La personalit? sarebbe ci? che d? ordine e coerenza ai diversi tipi di condotta in cui il soggetto si impegna. Per altri studiosi la personalit? ? l?equivalente degli aspetti unici o individuali del comportamento: il termine definirebbe, quindi, i tratti peculiari dell?individuo, che lo differenziano da tutte le altre persone. Infine, alcuni teorici hanno considerato la personalit? come l?essenza stessa dell?uomo: secondo questa definizione, tale concetto individua l?aspetto pi? rappresentativo dell?individuo, giacch? riuscirebbe ad esprimere ci? che di fatto egli ?. Tale sintetica disamina evidenzia l?estrema eterogeneit? delle definizioni offerte dagli studiosi. Pertanto appaiono pregnanti le conclusioni raggiunte sul punto da Hall e Lindzey, secondo cui ?la definizione che un dato individuo dar? della personalit? dipender? interamente dalle sue particolari preferenze teoriche?. In definitiva, la personalit? consiste in un insieme di valori o di termini descrittivi usati per rappresentare l?individuo, esaminato in base a quelle variabili o dimensioni che occupano una posizione centrale nella particolare teoria seguita(5). Orbene, in una prospettiva criminologica non pu? prescindersi da un approccio integrato tra individuo ed ambiente sociale nel quale viene agita la condotta delittuosa; approccio che evidenzi il rapporto di causalit? circolare del loro reciproco influenzamento. Al riguardo appare davvero conferente il significato offerto dal Ponti: ?la personalit? pu? definirsi come il complesso delle caratteristiche di ciascun individuo, quali si manifestano nelle modalit? del suo vivere sociale, e pu? essere intesa come la risultante delle interrelazioni del soggetto con i gruppi e con l?ambiente?(6). Secondo un profilo di indagine strutturale, ? possibile poi scomporre l?attivit? psichica in tre fondamentali funzioni: conoscitiva, affettiva, volitiva. Alla sfera cognitiva si riconducono l?intelligenza, la conoscenza e il pensiero; nell?ambito della sfera affettiva discerniamo l?umore, i sentimenti e le emozioni; alla base della sfera volitiva, infine, possiamo scorgere sia motivi consapevoli, sia motivazioni profonde o inconsce, sia pulsionalit? e istinti(7). Tali distinzioni consentono di comprendere pi? a fondo, e di distinguere, i diversi disturbi di personalit?, proprio perch? ciascuno di questi ultimi si caratterizza e si specifica per la abnormit? di alcune delle funzioni menzionate. In una prospettiva dinamico-evolutiva, risulta poi di cruciale importanza analizzare la genesi della personalit? e le influenze che nel corso della esistenza la forgiano: sui fattori costituzionali, il c.d. temperamento, operano, infatti, le c.d. influenze modellanti. Le predisposizioni congenite costituiscono un ?potenziale non-qualunque? che, nel corso dell?esistenza, sar? pi? o meno distorto o favorito dalla storia personale: esso funge da base neuro-endocrino-fisiologica per l?edificazione della personalit?. Il carattere, anch?esso incluso nel concetto di personalit?, va distinto dal temperamento: mentre quest?ultimo consiste nella base innata (ancorata alla struttura biologica) delle disposizioni e tendenze peculiari di ogni individuo nell?operare nel mondo, il carattere rappresenta la risultante della interazione tra temperamento e ambiente, connotandosi piuttosto come componente dinamica. La storia individuale - ossia gli avvenimenti, le condizioni di vita e le influenze inter-individuali - scandisce i tre essenziali processi di organizzazione della personalit?. In primis il condizionamento che si ottiene: dall?apprendimento e dalla ripetizione dell?operato altrui, nonch? dalle condizioni abituali dell?esistenza; dalla fissazione di un avvenimento traumatico; dal clima psicologico della vita nel corso dei primi anni. Intervengono poi, sin dall?inizio, le c.d. identificazioni: in funzione dei periodi sensibili, la fissazione e l?assimilazione dei modelli (parentali e non) permette la progressione. Infine, l?apprendimento della tolleranza alla frustrazione: le frustrazioni, e le reazioni alle stesse, formano la relazione con il mondo esterno e con l?avvenire, segnando il modo di affermarsi di fronte agli ostacoli naturali e sociali. Tale apprendimento costituisce una educazione del controllo del comportamento e della padronanza di s?; esso crea le basi psicologiche della coscienza morale, intesa quale inibizione dei desideri dell?Io per tener conto delle barriere sociali e della libert? altrui(8).
                                3. I disturbi di personalit?
                                a. Definizione
                                Prima di concentrare l?attenzione sulle c.d. personalit? psicopatiche(9), appare propedeutico il tentativo di definire la personalit? psichicamente normale. All?uopo, in una prospettiva psicoanalitica, risulta pregnante il riferimento al concetto di ?carattere genitale?: una personalit? normale dovrebbe aver ?pienamente risolto il complesso edipico? ed essere ?totalmente liber(a) dalla dipendenza infantile?(10); tale personalit? recherebbe solo residui del narcisismo e dell?ambivalenza infantile, sia assicurando il primato genitale nella vita individuale e sociale, sia promuovendo un assetto globale sufficientemente stabile delle capacit? relazionali. Per dirla con Freud, la normalit? psichica risiede in quella persona che raggiunga ?un sufficiente grado di capacit? di godere e di fare?(11). La personalit? psicopatica si caratterizza, invece, per un modello abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative dell?ambiente culturale dell?individuo. Siffatto modulo organizzativo pu? riguardare sia l?area cognitiva, manifestandosi nei modi di percepire e interpretare se stessi, gli altri o gli avvenimenti; sia l?area affettiva, conformando l?intensit?, la labilit? e l?adeguatezza emotiva del soggetto; o ancora il controllo degli impulsi o il funzionamento interpersonale(12). La personalit? psicopatica risulta, inoltre, non flessibile, rigida, non adattativa e pervasiva in un?ampia variet? di situazioni personali e sociali. Tale caratterizzazione determina un disagio significativo per il soggetto e per il suo ambiente, oltre che la compromissione del funzionamento socio-lavorativo e interrelazionale(13). I c.d. psicopatici ?soffrono e fanno soffrire? la societ?(14). Ed ? proprio in considerazione della capacit? di adattamento alle norme sociali da parte di tali soggetti che le personalit? psicopatiche sono state definite, in termini descrittivo-relazionali, anche sociopatiche. In ambito psichiatrico si preferisce adoperare altre espressioni: si parla di disturbi della personalit? o di sindromi caratteriali, proprio perch? il disturbo pi? evidente, persistente e strutturalmente pi? importante si colloca nel carattere (rectius, personalit?), inteso come modo o somma individuale delle caratteristiche abituali, congenite ed acquisite, di essere, di agire e di reagire alle circostanze esterne(15). Questa definizione consente di discernere, almeno in astratto, le sindromi caratteriali, da un lato, rispetto alle psicosi (endogene o da causa organica) e, dall?altro, rispetto alle nevrosi, anche se in quest?ultimo caso la distinzione appare pi? ardua(16). Nelle personalit? c.d. abnormi il disturbo coglie e deforma, in maniera elettiva o prevalente e duratura, le modalit? caratteristiche di risposta e di comportamento di fronte alle situazioni ambientali ed ai bisogni interni (criterio nosodromico cronologico): tali soggetti presentano ab initio modalit? di sentire e di agire peculiari e abnormi. I sintomi di tali personalit? consistono in alterazioni comportamentali ed ideoaffettive, pi? evidenti nell?ambito relazionale ed interpersonale e persistenti per tutta la vita. Tali sintomi sono alloplastici, nel senso che i soggetti psicopatici tendono alla soddisfazione dei bisogni personali attraverso la manipolazione dell?ambiente esterno. Sono, inoltre, sintomi egosintonici, in quanto accettati e condivisi dal soggetto: ci? significa che l?individuo ? in accordo con se stesso e il suo comportamento non ? foriero di sentimenti di colpa; egli si sente nel giusto e la sofferenza cagionata dalla sua condotta si riversa sugli altri e sull?ambiente. Dunque, ci? che caratterizza il c.d. psicopatico ?, oltre al comportamento cronicamente anomalo, ?stabile nella sua instabilit?? (sia pure con sensibili mutamenti nel tempo e in relazione alle circostanze), l?abnorme struttura del carattere (caratteropatia), assieme alla difficolt? di modificarsi in rapporto all?esperienza acquisita e alla precariet? dei rapporti interpersonali(17). La maggior parte dei disturbi di personalit? non rientra, pertanto, tra le malattie mentali stricto sensu intese, bens? tra le c.d. anomalie del carattere e della personalit?. In estrema sintesi ? possibile connotare tali situazioni secondo due parametri. In primis, il carattere abnorme del comportamento, inteso in senso statistico: vi pu? essere disturbo di personalit? solo allorquando esso sia presente in una minima fetta della popolazione. In secondo luogo, si adopera la dizione ?disturbo di personalit?? allorch? la condotta con esso connessa susciti nella societ? giudizi di valore negativi: il comportamento dello psicopatico viene ritenuto inadeguato nei confronti delle aspettative e delle richieste dell?ambiente sociale. Si fa, quindi, carico al soggetto del proprio disturbo e lo si ritiene responsabile del disagio che la sua condotta cagiona alla societ?; si tratta, ? opportuno evidenziarlo, di una reazione sociale ben diversa rispetto a quella che si verifica nei confronti del malato di mente(18). Bisogna poi osservare come molti tratti del carattere e delle modalit? del comportamento descritti nei disturbi di personalit? si riscontrino anche nella personalit? ?normale? (emozionabilit?, dipendenza, irascibilit?, fermezza, suggestionabilit?, et coetera). Tali caratteristiche assumono significato patologico solo allorquando producano un?importante e durevole compromissione del funzionamento sociale o lavorativo dell?individuo, oppure siano causa di grave sofferenza soggettiva(19).
                                b. Etiopatogenesi
                                Allo stato attuale, nonostante le copiose ricerche effettuate sull?argomento, non disponiamo di risultati univoci e definitivi in ordine all?etiopatogenesi delle sindromi caratteriali; ? possibile peraltro individuare tre gruppi di modelli sperimentali( 20). Secondo una prima teoria, d?ordine genetico-costituzionale, sussisterebbe una tipologia costituzionale la quale si trasmetterebbe come predisposizione ereditaria alla patologia caratteriale conclamata. In tal senso ? possibile citare Kretschmer(21) il quale codifica una correlazione specifica per tipo di struttura corporea, tratti caratteriali e psicosi, come patocaratterologia sistematica. Sempre in tale prospettiva, Schneider(22) descrive, in base al ruolo preminente di predisposizioni biologico-costituzionali, vari tipi di caratteri abnormi o personalit? psicopatiche suscettibili di presentare frequenti reazioni o sviluppi psicopatologici (reazioni a corto circuito, etc.). In effetti, nonostante la tesi costituzionalistica pura sembri superata, anche di recente alcuni studiosi hanno sostenuto, pur in assenza di dimostrazioni irrefutabili, il ruolo di una trasmissibilit? eredo-genetica. In particolare sembra si ereditino alcuni tratti del carattere: estroversione-introversione, neuroticismo, impulsivit?, il carattere antisociale, tratti isterici ed anancastici. Dall?esame di diversi studi emerge una significativa incidenza familiare dei disturbi di personalit? ossessivo-compulsivo, borderline, schizotipico, antisociale ed istrionico. Un altro modello, d?ordine biochimico-neurofisiologico, trae spunto dalle risultanze di alcuni accertamenti effettuati su pazienti affetti da alcuni tipi di disturbi di personalit?: su tali soggetti si riscontrerebbero alterazioni biochimiche (neurotrasmettitoriali, endocrine, enzimatiche) e/o di anomalie elettroencefalografiche, elettroretinografiche e della registrazione dei potenziali evocati acustici. Tuttavia, allo stato attuale si ritiene che tali alterazioni biochimiche e neurofisiologiche rappresentino indici psicobiologici piuttosto che fattori eziologici costantemente accertati delle sindromi caratteriali. In effetti le ricerche in argomento inducono a ritenere che non siano tanto i livelli di funzionamento dei singoli apparati neurotrasmettitoriali a dispiegare un ruolo determinante nell?ambito delle condotte umane, quanto piuttosto l?interazione reciproca dei vari sistemi, secondo meccanismi di feed-back che, nella ?normalit??, mantengono determinati equilibri. Infine, secondo un terzo modello, d?ordine psicologico-comportamentale, esplicano incidenza decisiva le influenze ambientali negative, le quali possono determinare precocemente una strutturazione patologica della personalit?. Alcune ricerche di carattere etologico-sperimentale hanno evidenziato peculiari meccanismi di interazione familiare, riscontrati in soggetti con disturbi del carattere sin dalle prime et? della vita: tali meccanismi si fondano su comportamenti contraddittori e imprevedibili nei confronti del figlio da parte di uno o entrambi i genitori, preoccupati per i loro problemi piuttosto che attenti alle esigenze del primo. Sempre nell?ambito di tale modello interpretativo, altri studiosi attribuiscono maggiore importanza ai fattori socio-culturali, tra cui il linguaggio, il tipo di educazione ricevuta, etc. Superando l?approccio unifattoriale, ? necessario poi evidenziare come anche in ambito psichiatrico clinico appaia applicabile l?ipotesi integrativa di una causalit? multifattoriale dei disturbi di personalit?, in cui i vari fattori considerati sono complementari e in reciproca interazione (ipotesi biopsicosociale)(23). Secondo tale prospettiva, i fattori biologici, che costituirebbero il supporto organico del disturbo, non costituiscono per s? soli causa efficiente a determinare l?anomalia caratteriale; perch? essa insorga e si strutturi, occorre il concorso di co-fattori connessi con il divenire esistenziale, con la peculiarit? delle vicende di vita del paziente, con il tipo delle relazioni familiari, con i disagi interpersonali e sociali.
                                c. Classificazione
                                Numerose sono le classificazioni dei disturbi di personalit?, condizionate da indirizzi tipologici assai eterogenei (morfofisiopsicologico, descrittivo, psicoanalitico, psicofisiologico-reflessologico, etc.). Tra di esse pu? anzitutto menzionarsi, per il suo interesse storico e per l?immediata referenzialit? della nomenclatura impiegata, la suddivisione tipologica delle personalit? psicopatiche costruita da Schneider, basata sui tratti caratteriologici prevalenti. Egli distingue dieci categorie: ipertimici, depressivi, insicuri di se stessi o inquieti, fanatici, personalit? bisognose di farsi valere, instabili o labili di umore, personalit? esplosive, apatici o freddi, abulici, astenici(24). Ma le classificazioni pi? recenti e maggiormente pregnanti ai fini di indagine in tale sede perseguiti sono senz?altro quella del D.S.M. IV-R (A.P.A. 1994) e quella dell?I.C.D. 10 (W.H.O. 1987)(25). In particolare, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (D.S.M. IV)(26), redatto, per iniziativa dell?American Psychiatric Association, da un??quipe internazionale di psichiatri, rappresenta un testo di riferimento internazionale ovunque adottato e costituisce strumento indispensabile per l?unificazione in tutti i Paesi della terminologia psichiatrica e per il raffronto dei dati delle ricerche scientifiche(27). Sempre in prospettiva nosografica e definitoria, assume rilievo l?analoga classificazione realizzata dall?Organizzazione Mondiale della Sanit? (I.C.D. 10: International Classification of Diseases)(28). I disturbi di personalit? sono registrati nell?Asse II del D.S.M. IV e tale circostanza non ? di poco conto. ? nell?Asse I, infatti, che sono comprese le malattie psichiatriche propriamente dette (come la schizofrenia, la depressione, i disturbi d?ansia, etc.). I disturbi di personalit? non provocano, invece, un?alterazione delle funzioni psichiche fondamentali (pensiero, percezione, intelligenza, memoria, coscienza, etc.), n? sintomi pi? lievi della sfera nevrotica; essi, come si ? detto, si distinguono essenzialmente per le alterazioni della condotta e per i comportamenti disadattati e socialmente turbativi(29). Tale inquadramento nosografico produce conseguenze facilmente intuibili in tema di riconoscimento dell?imputabilit? nei soggetti c.d. psicopatici: ed infatti, non essendo considerati veri e propri malati di mente, i criminali portatori di disturbo della personalit? vengono solitamente ritenuti imputabili (sul punto per? infra par. 5). Il D.S.M. IV descrive dieci specifici disturbi di personalit?, riuniti in tre clusters (gruppi), in base ad analogie descrittive(30): - il gruppo A, etichettato odd cluster (?strano? o ?eccentrico?), comprende i disturbi di personalit? paranoide, schizoide e schizotipico. Si tratta di individui spesso strani, bizzarri, predisposti a sviluppi di patologia mentale pi? severa, come ad esempio i deliri cronici e la schizofrenia; - nel gruppo B, dramatic cluster secondo la terminologia del D.S.M. IV, rientrano i disturbi narcisistico, istrionico, borderline e antisociale (anche definiti da altri autori rispettivamente come personalit? o carattere narcisistico, isterico o bisognoso di farsi valere, marginale o ?al limite?, personalit? psicopatica o sociopatica, etc.). I soggetti ricompresi in tale gruppo evidenziano una particolare difficolt? nel controllo degli impulsi, irritabilit?, reattivit?, imprevedibilit?, emotivit? amplificata ed esasperata, tendenza all?abuso di sostanze psicotrope(31); - il gruppo C, anxius cluster, include i disturbi di evitamento, dipendente e ossessivo-compulsivo. Le persone affette da tale classe di disturbi appaiono spesso ansiosi, fragili, indecisi, paurosi; essi possono, inoltre, presentare una predisposizione a soffrire di patologie nevrotiche. Bisogna poi menzionare alcune ?categorie diagnostiche proposte?, non registrate nel D.S.M. IV, suscettibili di ulteriori studi e ricerche sistematiche: disturbi di personalit? sadico, auto-frustrante ed esplosivo intermittente. Per quanto concerne i rapporti tra personalit? e sindromi psichiatriche, ? stato di recente rilevato come ciascun gruppo, o cluster, di disturbi della personalit? sia associato con frequenza significativa ad una o pi? categorie specifiche di disturbi psichiatrici. In particolare, tale connessione si rileva con maggiore incidenza statistica nei disturbi del gruppo B, che si associano ad abuso abituale di sostanze psicoattive (alcool, stupefacenti); pi? raramente nei disturbi del gruppo A, in cui possono insorgere disturbi psicotici quali sviluppi deliranti cronici (gelosia patologica, querulomania, etc.), schizofrenie e paranoia ?pura?. Infine, il gruppo C presenta un alto indice di correlazione con la depressione ricorrente e i disturbi d?ansia(32). Ma non si tratta solo di tale correlazione. Ed infatti, peculiari tratti personologici sono allo stato concepiti non solo come fattori predisponenti (condizioni di vulnerabilit?) ad alcuni disturbi psichici, o come fattori patoplastici dell?espressivit? sintomatologica, del decorso e della risposta al trattamento, ma anche come manifestazione subclinica o secondaria dell?evento morboso(33). Anche quest?ultima considerazione pu? rivelarsi significativa in ambito giuridico, giacch? la sindrome caratteriale potrebbe essere spia di un classico disturbo psichiatrico, secondo la nosografia tradizionale e, quindi, condurre verosimilmente al riconoscimento della non imputabilit?.

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