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Aneddoti,interviste e storie curiose del MOTOMONDIALE

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    #271
    MARC MARQUEZ





    “Avrei voluto essere in pista con Casey Magari non in lotta, ma giusto per osservarlo e poi poter guardare i suoi dati. Abbiamo uno stile di guida simile, ad esempio nell’uso nel freno, del gas e dell’elettronica. E’ un pilota che ha vinto meno di quanto avrebbe potuto a causa di frangenti che non lo hanno aiutato”.

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      #272
      CASEY STONER





      "Sono un grande tifoso di Pedro Acosta. Fin dalle prime gare mi ha impressionato. Non solo per i suoi risultati, ma per il suo atteggiamento, il suo livello di maturità. Non vedo debolezze in lui. Sa come competere, sa come combattere, non ha bisogno di aver avuto un grande weekend per essere fiducioso in vista della gara. Fa tutto con grande discrezione e rimane calmo in situazioni di stress”.

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        #273
        PAOLO SIMONCELLI





        "Correre a Misano è sempre emozionante, per tanti motivi, soprattutto perché Marco non c’è più. Quando c’era era una settimana davvero speciale. Adesso sì, bella ma c’è sempre quell’amaro in bocca insomma. Misano è magica perchè qua è il mondo dei motori, è la patria dei motori. Qua sono nati i genitori più matti che hanno fatto dei figli suonati che vanno tutti forte e continuano ad andare forte. E quindi sì una regione un po’favorita dalle piste, favorita secondo me dalla Mototemporada che si faceva quando ero bambino io, quella ha aiutato tantissimo perchè circuiti come a Rimini, Riccione, Cesenatico e cosi via, tiravano giù dalle campagne centomila persone, che a quei tempi erano cifre impensabili. Ma soprattutto i piloti li toccavi, ti passavano vicino, si fermavano con i loro furgoni lungo le stradine del lungomare e quindi smontavano le moto e tutta la gente sopra, cioè Agostini, Pasolini... li potevi toccare, capito? Era bellissimo, bellissimo”

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          #274
          DANI PEDROSA





          "Una delle mie migliori lotte in pista è stata con Casey Stoner, con lui il duello era sempre pulito, era una questione di chi era il più veloce. Quando invece, ad esempio, correvo contro Marquez e Valentino Rossi, a volte erano più rapidi, altre volte andavano alla mia stessa velocità o più piano ma avevano dei modi per bloccarti e farti perdere tempo.
          Con il progredire della mia carriera ne sono diventato più consapevole, ma quel modo di correre non era il mio modo naturale, mentre con Casey o Jorge Lorenzo si trattava più di vedere chi fosse il più veloce e non il più duro in pista".

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            #275
            JORGE LORENZO





            “Io e Valentino eravamo due piloti bravissimi, entrambi con una personalità molto forte. Ci siamo ritrovati sulla stessa pista, Barcellona 2009, con la stessa moto e allo stesso livello. Guidavamo in maniera diversa, ma il tempo sul cronometro era uguale e pertanto nessuno dei due poteva scappare via, anche se ci abbiamo provato. Perciò abbiamo lottato per tutta la gara fino all’ultimo giro. Valentino mi ha battuto per esperienza e furbizia, perché aveva sempre staccato più forte di me, mentre in quella curva io andavo più forte in percorrenza. All’ultimo giro però la staccata contava molto. Lui era molto versatile e durante la gara improvvisava tanto. Avrei dovuto staccare più tardi e chiudere lo spazio, ma non l’ho fatto e lui ha saputo approfittarne”.

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              #276
              CRISTIAN GABARRINI (capotecnico di Bagnaia)





              "Molte delle cose che sono sulla GP23 sono partite da feedback di Jorge Lorenzo”.

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                #277
                MAX BIAGGI





                «Agli esordi eravamo io e papà, insieme ne facevamo mezzo in due. Di quell'inizio mi rimane impressa la seconda selezione sulla pista di Pergusa, il 1° aprile del 1989, il tracciato siciliano è molto veloce e io ero sicuro di prenderle sul dritto. Invece, incredibilmente, la mia Hondina si mette a viaggiare. Siamo da soli, io e Pietro, e in quel periodo in due non ne facevamo uno buono, quanto a competenza tecnica.
                "Ehhhhhh, ho capito sono le candele nuove a farla volare. Mo ci penso io" se ne esce il sor Pietro quando gli dico che sul dritto la moto è veloce. Dopo un'ora ritorna addirittura con un cartone di candele! "Adesso vedrai come fila, le cambiamo ad ogni turno" afferma deciso. E cosi facemmo.
                Naturalmente a far prendere più giri alla Honda era stato il clima fresco e secco. La carburazione si era smagrita e il motore rendeva di più, ma questo noi non lo sapevamo.
                Il giorno delle prove il tempo torna caldo umido e il rendimento peggiora nonostante mio padre si accanisca a cambiare una candela dopo l'altra. Non capiva. In realtà è più giusto dire che in due non ne sapevamo mezza.
                Comunque in gara finisco in sesta posizione. Poi, botta di culo, squalificano tre piloti che mi avevano preceduto e mi ritrovo terzo. Sul podio mi sento già un professionista.
                Non sapevo nulla di motociclismo, di strategie, di come condurre la gara e il primo anno cadevo spesso. Non avevo neanche un meccanico, ero allo sbaraglio.
                Poi un signore, Maurizio Vitali, ha visto che avevo il carattere e i numeri. Si è offerto di farmi da capomeccanico, da coach, da amico. Ed è cambiato tutto»

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                  #278
                  MARCO SIMONCELLI





                  “Dio Bo’ ho fatto la pole”.

                  “Tutto è andato per il meglio e adesso dopo due settimane difficili sono felice. Sono riuscito a guidare come più mi piace, anche se mai mi sarei immaginato di conquistare la pole con un Casey Stoner così veloce. Per batterlo ho dovuto tirar fuori qualcosa, prendermi anche qualche rischio: stavo per volare a terra quando per un miracolo sono rimasto in sella! Domani non sarà facile perché sia Casey che Jorge sono veloci come passo, ma proverò a stare con loro. Ce la metterò tutta"

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                    #279
                    MARCO MELANDRI





                    "Per vincere un campionato, devi unirti molti fattori: pilota, moto, squadra e la fortuna necessaria. Sono stato più volte nella squadra giusta al momento sbagliato. Non ho potuto conquistare i titoli che meritavo. Avrei dovuto vincere di più. Ma i migliori piloti mi hanno temuto e li ho battuti quando erano al culmine della loro carriera.
                    È un onore per me aver corso con campioni del calibro di Rossi, Biaggi, Capirossi, Pedrosa, Stoner o Jonathan Rea e che mi abbiano temuto quando ero in giornata. Ho sempre combattuto fino alla fine, ho portato la moto con una mano. Lo ricorderò fino alla fine della mia vita. Nessuno può farlo. Ho vinto sul bagnato, ho battuto il mio compagno di squadra. Ho fatto tutto. Non è mai stato noioso" .

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                      #280
                      JORGE LORENZO





                      “Cosa non ha funzionato con Ducati? La tempistica... se avessi vinto la gara del Mugello una settimana prima, sicuramente avrei continuato qualche anno in più. Avrei potuto vincere il Mondiale con Ducati, magari anche due. Qualche giorno prima di quella gara però ho firmato con Honda perché sapevo che Ducati aveva perso fiducia in me”.

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                        #281
                        CASEY STONER





                        "Vivevamo negli alloggi dei tosatori di pecore, in una baracca molto semplice fatta di lamiera, ma non mi importava, perchè li c'era tutto ciò di cui avevo bisogno nella vita...
                        I miei genitori - una giovane coppia di belle speranze - formavano una squadra fantastica e per guadagnarsi da vivere facevano ogni sorta di lavoro. Non erano cresciuti in una grande città, quindi il loro obbiettivo era mettere da parte una somma per potersi comprare una fattoria. Entrambi lavoravano duramente per brevi periodi in diverse grandi tenute e in inverno cacciavano le volpi per ricavare qualche soldo dalla vendita delle pellicce. Quando il lavoro in campagna non era sufficente per tirare avanti, tornavano sulla Gold Coast e venivano assunti come imbianchini e decoratori finchè potevano ritornare in campagna, dove si sentivano più a suo agio. La primogenita, mia sorella Kelly, venne alla luce nel 1979, a Gold Coast City. Quando naqui io, sei anni dopo, il 16 ottobre 1985, la mia famiglia si era nuovamente stabilita sulla costa. Avevo circa dieci mesi quando andammo a stare per qualche tempo a casa dei nonni. Proprio in quel periodo ebbi il mio primo approccio con una moto. Come gran parte dei bambini cresciuti in campagna, Kelly aveva una PeeWee. Mia madre racconta che, la prima volta che mi piazzarono su una moto, io spalancai gli occhi. Pensando che avessi paura, gridò a papà di fermarsi e mi tirò via subito. Evidentemente devo aver dimostrato in modo inequivocabile che non ero d'accordo, perchè mi rimisero subito in sella. Mia madre ricorda i miei occhioni sgranati in una seconda occasione."Cercavamo di staccarlo dalla moto, ma lui si aggrappava al manubrio. Aveva gli occhi sbarrati perchè gli piaceva tantissimo. Dopodichè non siamo più riusciti a tenerlo lontano da una moto", racconta.
                        Chiunque abbia avuto a che fare con dei bambini sa quanto possano fissarsi su certe cose, che siano i Pokèmon, i Lego, i pony o le macchinine. Beh, la mia passione erano le motociclette, e più precisamente quella PeeWee 50cc. Avevo appena imparato a camminare, ma già avevo espresso chiaramente il desiderio di guidarla.Papà era molto paziente sia con Kelly che con me; andavamo in moto per ore e ore, a volte in compagnia di mio cugino Mark. Il risultato fu che a sette anni Kelly partecipava già a gare junior e diventò campionessa di motocross Under 9 del Queensland, battendo tutti i maschietti. Essendo il fratello minore, naturalmente volevo seguire il suo esempio! Papà mi faceva sedere davanti a lui e mi spiegava come funzionava l'accelleratore: mi diceva "tiralo" quando salivamo in collina e "lascialo andare" quando scendevamo. Imparai a controllare la trasmissione di potenza dal motore alle ruote e a 18 mesi avevo già rimediato la prima di una lunga serie di vesciche alle mani."

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                          #282
                          ALESSIO SALUCCI UCCIO





                          Bravo Valentino, più che altro coraggioso a lasciare la Honda... ma in Yamaha si ritrovò bello e pronto un "aereo", parola di Uccio. -
                          "La Honda allora ci aveva vietato di provare la moto prima dell’inizio del 2004. Gli altri però giravano, a Jerez, in Malesia e noi eravamo a casa a vedere Biaggi, che era passato alla Honda e gli altri che facevano tempi velocissimi, record… E noi a Tavullia che sapevamo che era una moto poco competitiva e non potevamo girare. Novembre e dicembre 2003 sono stati veramente due mesi di m….. In Malesia, poi, quando finalmente l’abbiamo provata nel box c’erano 50 persone, un sacco di ingegneri. Vale ha fatto i primi 5 o 6 giri e quando è rientrato nel box, si è seduto e ancora con il casco in testa mi ha guardato e mi ha detto 'oh, si può fare'. C’era un sacco di gente, telecamere, giapponesi e io mi sono emozionato e ho pensato che avremmo potuto divertirci davvero, ho ancora la pelle d’oca. Devo dire che la Yamaha è stata non di parola, di più: praticamente nel 2004 hanno fatto la moto del 2005, era un aereo probabilmente al livello della Honda se non addirittura meglio. Furuzawa aveva preso due motoristi della Toyota come ci aveva detto Brivio. Avevano mantenuto tutto quello che ci avevano detto che avrebbero fatto. La moto del 2006 era si può dire molto simile a quella di adesso"

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                            #283
                            JONATHAN REA





                            ...Casey Stoner si era rotto una caviglia durante una sessione di prove della MotoGP, in America, e avrebbe saltato due round. Il team doveva trovare un sostituto e io durante il weekend WSBK di Mosca fui chiamato dai ragazzi della Honda che mi chiesero se ero interessato. (...) La MotoGP stava correndo a Brno la stessa settimana che noi invece eravamo in Russia e mi dissero che ci sarebbe stato un test il giorno dopo la gara di Brno: questo mi avrebbe dato la possibilità di provare la moto con cui poi avrei corso a Misano e ad Aragon. Il problema è che le gare sarebbero state una dopo l'altra: cinque settimane consecutive da spendere passando dalla Honda CBR1000 con pneumatici Pirelli in Superbike, alla Honda RC213V con pneumatici Bridgestone in MotoGP.
                            Ero solo il sostituto di Stoner cosi non avrebbe dovuto esserci troppa pressione su di me, quindi pensai:' Beh, comunque non ho niente da perdere, quindi perchè no?'.
                            Il problema era come fare a partire da Mosca la domenica notte per essere a Brno per i test della mattina successiva: per riuscirci guidammo tutta la notte da e per gli aeroporti. Quando arrivai in pista il mattino seguente, dopo che tutti avevano iniziato i test alle 9.00, la prima persona che vidi nel paddock fu Shuhei Nakamoto, il vice presidente Honda, che mi disse: 'Divertiti, ma non ti schiantare!'.
                            Se questo mi fece sentire male, le cose andarono ancora peggio quando misi gli occhi per la prima volta sul silenziatore, posto al termine dello scarico posteriore della moto che stava nel box. Era realizzato in fibra di carbonio: un'opera d'arte e di tecnica. Mi sono sempre preso in giro da solo dicendo che, se mai avessi fatto un errore e mi fossi schiantato contro un muro con la moto, avrei detto 'Colpa mia, pago i danni'. Ma sembrava che quella RC213V valesse più soldi di me e tutte le cose che possedevo messe insieme. Provai nei suoi confronti un certo timore, che non mi abbandonò neppure per un secondo durante tutto il tempo che guidai la RCV. (...) La moto era molto facile da portare in pista, ma molto difficile da far andare veloce. Se riuscivo a capire il mezzo e le sue reazioni non seppi fare altrettanto quando fu il momento di trovare i limiti dei pneumatici Bridgestone, in modo particolare quelli dell'anteriore, completamente diverse e su un altro pianeta rispetto alle Pirelli che usavo in Superbike. Per fare modo che la MotoGP curvasse dovevo usare molto di più il freno posteriore rispetto a quanto lo usavo normalmente, mentre dovevo garantire una certa pressione sulla ruota anteriore per mantenerla deformata in modo che alla corda della curva potesse farmi girare. Questo era completamente illogico, dal mio punto di vista, e andava contro tutte quelle cose che mi aveva insegnato mio papà anni prima, quando essenzialmente mi aveva detto di terminare completamente la frenata prima di affrontare la curva. Adesso, appena mollavo il freno, la gomma ritornava in posizione cambiando completamente la superfice di contatto con l'asfalto e fermando la moto mentre curvava. Il telemetrista e lo staff provavano a spingermi ad utilizzare due bar in più di pressione dei freni e piegare la moto ancora di un paio di gradi ma il mio cervello continuava a dirmi che, se avessi fatto cosi, mi sarei schiantato. Ed era quello che Nakamoto mi aveva espressamente detto di non fare.
                            L'iniezione della moto e il modo in cui rilasciava la potenza non erano molto diversi da quelli della mia Superbike, infatti la CBR accellerava molto più velocemente della RCV ed è qualcosa a cui assistiamo ancora oggi durante i test di fine anno a Jerez, quando le MotoGP dividono la pista con le Superbike. Se l'accelerazione iniziale è piuttosto simile la vera differenza di una MotoGP consiste nel fatto che la velocità aumenta sempre e la moto trova il giusto passo in quarta, quinta e sesta marcia mentre il regime dei giri continua a salire. Ma non si trattava solo di quanto queste moto fossero veloci, o di quanto in fretta si fermassero con i freni in carbonio e con il pneumatico anteriore Bridgestone, la cosa più difficile era riuscire a gestire tutte queste informazioni nel mio cervello con il poco tempo che avevo a disposizione per imparare. Non mi aiutò nemmeno il fatto che le mie gare a Misano e ad Aragon furono entrambe sul bagnato e sull'umido per tutta la durata delle prove libere. A Misano per questo motivo riuscii a guidare la moto con una certa aggressività solo durante le qualifiche: questa cosa mi fece aprire una volta di più gli occhi sul fatto che ancora non ne avessi esplorato i limiti. Non mi sono mai sentito abbastanza a mio agio da spingere al massimo e cosi all'improviso portarla al limite durante le qualifiche. Non appena la guidai per la prima volta sull'asciutto, seppi di non essermi mai nemmeno avvicinato a farle fare ciò di cui era capace. Penso di poter dire, con sincerità, di non averlo mai scoperto durante tutta quella, breve, esperienza in MotoGP."

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                              #284
                              Dottor Costa su BARRY SHEENE





                              "Barry Sheene lo conobbi nel '72, ero a Imola per la prima volta in veste di medico. Allora c'era l'abitudine di visitare i piloti prima di ogni gara. Lui era ragazzino, venne dentro spavaldo e mi disse che era offensivo fargli una visita perchè, disse, 'io sono fantastico'. Rimasi affascinato, lo misi in guardia sui pericoli di Imola e gli chiesi solo il gruppo sanguigno. Lui mi rispose: 'Dottore, sei simpatico, ti faccio vedere che entro e faccio il record'. Allora chiamai i medici del Tamburello avvertendoli che un inglese con il numero 7 sarebbe caduto di lì a poco. Ma lui passò indenne. Mi chiamarono e mi dissero che mi ero sbagliato. Poi arrivò accompagnato dai medici della Piratella con una flebo e una clavicola rotta. Era la curva successiva. Tornando al posto medico mi sorrise e disse: 'non sono poi così fantastico'. L'amicizia tra noi si cementò anni dopo, quando nel marzo del '75 cadde a Daytona a 300 all'ora. Lo soccorsi io. Fu operato al femore. Rimasi con lui in ospedale per tre giorni. Poi smettemmo di contare le fratture. Quaranta giorni dopo tornò in moto a Salisburgo, ma allora si partiva a spinta e lui aveva il femore non ancora a posto. Chiese di partire per ultimo con la spinta di un meccanico. Glielo vietarono. Fu allora che capii che gli uomini con le loro leggi non comprendono la grandezza dei motociclisti"

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                                #285
                                CASEY STONER su DANIEL PEDROSA





                                "Questo sport ha molti modi di affrontare le cose, non è come in F1 dove tutto è dettato dall'aerodinamica e cose del genere. Qui hai molte opzioni diverse quando si tratta di affrontare la stessa situazione. Jorge Lorenzo aveva molte qualità che mi piacevano, di Valentino Rossi, in particolare, il modo in cui combatteva e sapeva leggere le gare. Ma la persona da cui ho imparato di più durante tutta la mia carriera sportiva è stato Dani Pedrosa: a volte il modo in cui sapeva essere veloce mi faceva impazzire, mi dicevo: “ma come diavolo fa?” Quando sono diventato suo compagno di squadra nel 2011, è stata la cosa migliore che mi fosse mai capitata, perché negli anni che ero in Ducati non ho mai potuto usare la telemetria del mio compagno per trovare il modo di andare un po' più veloce, e questo per me è stato negativo. Nessuno poteva aiutarmi dicendo 'ok, qui sei più veloce di me', che è sempre un vantaggio per un pilota.
                                Con Dani, ancora una volta, ho messo da parte il mio orgoglio e ho sempre guardato cosa faceva in certi settori della pista, e con la stessa moto a volte era capace di distruggermi! e continuavo a pensare: 'cosa sta facendo di diverso?'. Non ho mai usato il suo setup perché andavo per la mia strada, ma ho potuto imparare molto da lui e questo mi ha reso più forte".

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